Fonte: Confcommercio nazionale
"Dopo avere ripetutamente dichiarato che il primo obiettivo della
spending review e della legge di stabilità sarebbe stato quello di
evitare, a partire dal prossimo mese di luglio, l'aumento di due punti
percentuali delle aliquote IVA, il Governo ha deciso, in una seduta del
Consiglio dei Ministri i conclusasi a notte avanzata, di procedere alla
riduzione di un solo punto dei programmati aumenti IVA e,
contestualmente, di ridurre di un punto l'aliquota IRPEF sui primi due
scaglioni di reddito. E' il caso di dire che la notte non ha portato
consiglio". Questo il commento di Confcommercio-Imprese per l'Italia
agli interventi in materia di IVA e di IRPEF, decisi dal Governo con il
varo della legge di stabilità. Per Confcommercio-Imprese per l'Italia,
"si tratta, infatti, di un duplice errore di metodo e di merito: di
metodo, perché gli obiettivi fondamentali dell'azione di politica
economica del Governo, peraltro ribaditi anche in occasione
dell'incontro con le parti sociali di ieri pomeriggio, non possono
essere repentinamente rimessi in discussione; di merito, perché
l'aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento all'11 per cento e
dell'aliquota Iva del 21 per cento al 22 per cento, in un contesto
ancora pienamente recessivo e segnato dall'estrema debolezza della
domanda interna, genererà effetti pesantissimi a carico dei consumi e
degli investimenti, delle imprese e dell'occupazione. Effetti che non
saranno neppure compensati dalle riduzioni IRPEF, posto che gli aumenti
IVA incideranno maggiormente proprio sugli scaglioni di reddito più
bassi, a partire dai soggetti fiscalmente incapienti. Va poi ricordato
che l'inasprimento dell'aliquota IVA ridotta - dal 10 per cento all'11
per cento - penalizzerà molti prodotti alimentari, la competitività
della nostra offerta turistica e l'intera area delle ristrutturazioni
edilizie. "Insomma - conclude Confcommercio - siamo di fronte ad un
intervento che non gioverà né alla crescita, né all'equità. Per questo,
va rivisto".
Proprio a proposito dei riflessi che questa decisione potrebbe
avere sulle famiglie italiane, si registra inoltre una prima valutazione
dell'Ufficio Studi di Confcommercio Imprese per l'Italia. Vediamo da
vicino cosa dice la nota.
"La conferma, seppure dimezzata, dell'incremento delle aliquote Iva
a valere dal primo luglio 2013 - aliquota ordinaria dal 21 al 22% e
agevolata dal 10 all'11% - e la riduzione delle aliquote Irpef dal 23 al
22% per il primo scaglione (fino a 15.000 euro) e dal 27 al 26% per il
secondo scaglione (da 15.001 euro a 28.000 euro) determinerebbero
congiuntamente maggiori risorse per le famiglie pari a 1,5 miliardi di
euro circa per l'anno 2013 e minori risorse per le famiglie pari a 2
miliardi di euro per il 2014. Questo conteggio non considera ulteriori
restrizioni in termini di minori detrazioni e deduzioni nonché il blocco
degli aumenti retributivi nella PA. Il provvedimento è iniquo rispetto
all'attuale situazione in quanto circa 10 milioni di contribuenti
incapienti - che cioè già oggi non pagano l'Irpef - non avranno alcun
giovamento dalla riduzione delle aliquote e poi pagheranno prezzi più
alti con riduzione del potere d'acquisto. Poiché tra questi incapienti
ci sono verosimilmente le famiglie in cui vivono i 3,4 milioni di
cittadini italiani poveri in senso assoluto, (che, cioè, secondo
l'Istat, non sono in grado di acquistare un paniere minimo di beni e
servizi di sussistenza) è certo che l'area della povertà crescerà
rapidamente. Ciò è socialmente svantaggioso per l'intera collettività.
Quindi, è opportuno chiarire che:
1) il provvedimento di riduzione
delle aliquote Irpef non giova ai più poveri e produce gli stessi
vantaggi monetari per tutti i contribuenti che hanno un reddito
superiore a euro 28.000; anche chi guadagna 100 milioni di euro all'anno
avrà minori imposte per 280 euro all'anno a partire dal 2013 (circa 23
euro al mese in più);
2) i 5 miliardi di minori imposte dovute
all'Irpef vengono largamente mangiati dall'incremento dell'Iva; su base
annua questo incremento vale circa 7 miliardi e quindi per metà anno
vale 3,5 miliardi di euro; tuttavia, e veniamo al difetto capitale della
manovra, la modificazione di tutti i prezzi dovuta all'incremento
dell'Iva, che comporterà un gradino di 8 decimi di punto nel luglio
2013, per un'inflazione che passerà nella media del 2013 dal previsto
+1,8% a +2,2%, ridurrà il valore, in termini di potere d'acquisto, di
tutti i risparmi attualmente detenuti dalle famiglie.Attraverso questo
negativo effetto ricchezza è verosimile una riduzione dei consumi nel
2013 rispetto allo scenario di base (-0,8%) di un ulteriore decimo di
punto (quindi a -0,9%). Ovviamente gli effetti sul 2014 sono ben
peggiori e quantificabili complessivamente in 3-4 decimi di punto
(quindi da +0,5 a +0,1-0,2%, e questa è una previsione ottimistica).
L'inflazione nel 2014 passa dal 2,0% dello scenario di base a 2,4% dello
scenario con incremento Iva;
3) l'incremento dell'aliquota agevolata
colpisce il settore del turismo e rende uno dei pochi settori che
contribuiscono positivamente alla deficitaria bilancia dei pagamenti
ancora meno competitivo; evidentemente il Governo non ha considerato che
i turisti stranieri non godono della riduzione delle nostre aliquote
Irpef mentre dovranno pagare di più per i prezzi interni che cresceranno
perché l'Iva aumenta dal 10% all'11%;
4) tenuto conto dei diversi
effetti - al netto di ulteriori riduzioni di reddito disponibile
derivanti da provvedimenti specifici - nel 2014 la perdita dei consumi
correnti dovrebbe collocarsi tra 5 e 7 miliardi di euro rispetto al già
depresso scenario di base;
5) queste valutazioni non considerano gli
impatti verosimilmente recessivi di altri provvedimenti contenuti nella
legge di stabilità che hanno diretto impatto sul reddito disponibile
delle famiglie consumatrici".
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