“Quello che non ha fatto il Dpcm, rischia di farlo la paura. Non ci stancheremo mai di dirlo ai nostri clienti: ristoranti e bar sono luoghi sicuri, più sicuri di una cena a casa di amici dove è difficile assicurare distanziamento sociale e uso delle mascherine. Da noi non si sgarra”. Gianluca Baratto, presidente della Fipe-Confcommercio di Vicenza (l’associazione dei baristi e ristoratori) è preoccupato per i risvolti economici di questa seconda ondata di contagi da Coronavirus. “La salute viene prima di tutto, lo abbiamo sempre sottolineato – spiega Baratto -, ma c’è un’altra pandemia sotterranea, alimentata dallo stillicidio di cifre e pareri con cui veniamo costantemente bombardati, ed è quella del panico, che rischia di provocare la paralisi economica, con conseguenze pesanti per tutti, in particolare per le tante famiglie che dipendono dalle attività ricreative e del turismo. Noi lo vediamo dalle disdette che stanno piovendo nei nostri ristoranti e dai telefoni che stanno tornando muti. Tutto questo per un pervasivo senso di insicurezza che non è giustificato, visti i forti investimenti strutturali e organizzativi che i nostri locali hanno fatto in questi mesi. Il problema, come abbiamo visto anche negli ultimi provvedimenti, è che viene più semplice chiudere i locali, che chiudere le piazze della movida: ma così si crea solo un danno economico e non si risolve il problema reale”.
L’azione di Confcommercio a livello nazionale e regionale è riuscita al momento ad evitare misure più drastiche, non giustificate se si considera che l’applicazione dei protocolli di sicurezza nei locali, di fatto, rende questi luoghi di socialità sicuri: in bar e ristoranti la mascherina viene tolta solo al tavolo ed è indossata da tutto il personale; tavoli e sedie sono distanziati almeno di un metro; vengono costantemente assicurati standard elevati di pulizia e sanificazione degli ambienti, vengono fissati limiti massimi di accesso alle persone. “Per questo a nostro avviso le limitazioni di orario di bar e ristoranti – sottolinea il presidente della Fipe-Confcommercio provinciale – sono un controsenso, perché si fanno uscire le persone da luoghi sicuri, dove i comportamenti sono controllati da gestori e personale, per popolare vie e piazze dove le verifiche passano alle forze dell’ordine, che hanno ben altro da fare e non possono certo essere dappertutto. A questo punto non possiamo che chiedere a sindaci, presidenti di Regione e autorità, che prima di qualsiasi altra misura restrittiva nei confronti dei pubblici esercizi incrementino i controlli sugli assembramenti per punire i comportamenti irresponsabili e scorretti. L’obiettivo deve essere quello di ridurre al minimo indispensabile la durata delle nuove misure e a nostro avviso lo si fa controllando più fuori dai locali che dentro”.
Mettere i pubblici esercizi nel mirino, infatti, ha come risvolto l’allontanamento dei clienti e il crollo dei fatturati: “La nostra Federazione ha calcolato in 470milioni di euro le perdite mensili causate dall’ultimo Dpcm alle imprese del settore – conclude Gianluca Baratto –. Di fronte a queste cifre dobbiamo registrare la promessa di “ristori” da parte del premier Conte, ma bisogna fare in fretta perché le conseguenze le stiamo pagando già ora: è necessario destinare immediatamente contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi. In caso contrario saranno in molti che, non essendo ancora riusciti a risollevarsi del tutto dai mesi del lockdown, in questa nuova fase saranno costretti a chiudere”.
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