Non accenna a diminuire la pressione sui prezzi dell’energia, con tutte le conseguenze che questo ha sul mondo delle imprese e sui cittadini. I massimi storici toccati nel dicembre 2021, che a molte imprese della ristorazione, della panificazione, del settore alimentare, dell’ospitalità erano costati aumenti vertiginosi delle proprie bollette, non solo non accennano a rientrare ma anzi in questi giorni vengono abbondantemente superati. Un indicatore di quanto sta accadendo, complice anche le tensioni sui prezzi causate dal conflitto in Ucraina, ce lo fornisce il PUN, acronimo di Prezzo Unico Nazionale, che è il prezzo di riferimento all'ingrosso dell’energia elettrica acquistata sul mercato della Borsa Elettrica Italiana. Secondo le ultime rilevazioni il valore medio del PUN dei primi nove giorni di marzo è di circa 390 euro a megawattora; a dicembre era stato di 281,24 euro a megawattora, tanto per avere un raffronto. Un trend al rialzo che si unisce all’aumento dei prezzi del gas, così come a quello dei carburanti, con il diesel che ha sforato quota 2 euro. “Questi incrementi dei costi rischiano di essere una mannaia sulle nostre imprese – rileva preoccupato Sergio Rebecca, presidente di Confcommercio Vicenza -, tanto più che i riflessi del caro energia colpiscono anche i consumi, visto che il salasso in bolletta toglie risorse alle altre spese per beni e servizi”.
Una situazione straordinaria che, per il presidente Rebecca richiede una risposta altrettanto straordinaria. “Confcommercio nazionale sta chiedendo al Governo ulteriori interventi rispetto ai 15 miliardi già stanziati. Già prima dello scoppio del conflitto in Ucraina la Confederazione stimava una spesa energetica nel 2022 per le imprese del terziario di mercato di quasi 30 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 160% rispetto al 2021. Ma ora queste previsioni potrebbero essere abbondantemente sottostimate”.
Quali dunque le azioni necessarie per riportare la situazione sotto controllo? Al di là delle politiche strutturali mirate a diminuire la dipendenza energetica dell’Italia differenziando le fonti, azioni che ovviamente hanno bisogno di tempi lunghi, per Confcommercio Vicenza sono urgenti risposte immediate. In questo senso l’Associazione indica la riduzione dell’Iva sull’energia elettrica, portandola quanto meno al 5% come avvenuto per il gas e poi, sempre a proposito di energia elettrica, va tolta l’imposta erariale. E se ancora non basta, si deve arrivare ai prezzi amministrati, almeno fino quando i listini continueranno ad evidenziare una insostenibile volatilità. Inoltre per Confcommercio Vicenza si deve intervenire sul prezzo del gas usato dalle centrali termoelettriche che può avere riflessi sulle quotazioni della Borsa Elettrica Italiana. Altro fronte di intervento, per l’Associazione, deve essere quello dei carburanti, che incidono sui costi di trasporto e conseguentemente sull’aumento dei prezzi delle merci, che colpiscono a cascata tutte le filiere, fino al consumatore finale. Viste le tensioni sui prezzi del petrolio si deve arrivare quanto meno ad una sterilizzazione dell'Iva sulle accise.
Non si tratta, certo, di decisioni semplici ed è chiaro che l’Italia deve muoversi in un contesto europeo, soprattutto se si vogliono anche attuare azioni mirate alle imprese più colpite usando la leva degli aiuti di Stato. “Ma bisogna fare presto – sottolinea il presidente Rebecca – perché le imprese non possono sostenere a lungo questi rincari, soprattutto dopo aver messo in gioco gran parte delle proprie risorse per affrontare l’emergenza Covid”. E dopo gli interventi emergenziali bisogna rivedere la politica energetica del Belpaese, che per il presidente di Confcommercio Vicenza “ha scontato in passato un vizio di fondo: pensare che le risorse energetiche sarebbero sempre state abbondanti e a prezzi convenienti. Ora serve il cambio di passo verso modelli più sostenibili, garantendo però al tempo stesso una politica energetica incardinata sulla sicurezza delle forniture, assieme a sostenibilità economica e sociale”.
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