Gli italiani cercano di vivere la propria vita in modo sempre più sostenibile e tale tendenza sta progressivamente interessando diversi aspetti della quotidianità, compreso l’ambito lavorativo. Un italiano su 2, infatti, adotta comportamenti sostenibili anche nella vita professionale e tale maggiore consapevolezza contribuisce a diffondere un modo di vivere sempre più responsabile sul posto di lavoro, con risvolti inevitabili sulle aziende. Infatti, un lavoratore su 3 dichiara che il proprio datore di lavoro ha già avviato un percorso di transizione sostenibile, attraverso la definizione di un paradigma di sostenibilità – consapevole e purpose-driven – e la sua conseguente integrazione nella propria mission e strategia.
È quanto emerge dalla ricerca di Deloitte “Il Cittadino Consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile”, il terzo report dell’Osservatorio Deloitte sui trend di sostenibilità e innovazione.
“Coerentemente con le proprie aspirazioni personali, gli italiani tendono ad adottare comportamenti sostenibili anche sul posto di lavoro e richiedono la stessa attenzione alle aziende, chiamate sempre più dai propri dipendenti a sviluppare le loro strategie e i loro modelli di business e operativi attorno ai concetti di innovazione e di sostenibilità – non solo ambientale ma anche economica, sociale e “umana”. Questa è una richiesta pressante che, se soddisfatta, può garantire benefici significativi nello sviluppo del rapporto fra l’azienda e le sue persone e nell’ottenimento di un chiaro vantaggio competitivo - commenta Andrea Poggi, Innovation Leader Deloitte -. Ecco allora che le imprese possono rispondere alle nuove e stringenti richieste dei lavoratori in tema di sostenibilità grazie alla trasformazione e ridefinizione dei modelli di business sulla base di una più forte e sinergica interrelazione tra strategia e purpose. Così facendo, si possono porre le basi per la creazione di un contesto innovativo, finalizzato a promuovere non solo il benessere della società e la tutela dell’ambiente, ma anche la prosperità delle aziende e dei loro stessi dipendenti in termini di bilanciamento fra la sfera personale e sviluppo professionale”, sottolinea Poggi.
La sostenibilità sul posto di lavoro
La maggiore consapevolezza degli italiani in ambito professionale è già evidente nella loro valutazione complessiva del posto di lavoro. Tra le aziende più ricercate, infatti, ci sono quelle che approcciano la sostenibilità a 360° e che garantiscono, da una parte, il benessere sociale ed economico dell’individuo in termini di work-life balance, inquadramento e opportunità di crescita professionale e, dall’altra, la tutela dell’ambiente.
Quasi un italiano su 2 predilige le aziende che offrono la possibilità di conciliare gli impegni di lavoro con quelli personali (47%), attraverso un modello agile e flessibile, e di percepire un trattamento economico adeguato (46%), in grado sia di riflettere il contributo che egli apporta al raggiungimento degli obiettivi sostenibili dell’azienda sia di fornire le risorse per vivere secondo stili di vita sempre più consapevoli.
Circa 4 italiani su 10 sono attratti da aziende che promuovono una cultura e un approccio al business allineati con la propria personalità e i propri valori, e che consentono alle persone di lavorare per soddisfare le proprie passioni e i propri interessi. È importante, infine, che le imprese offrano chiari percorsi di crescita e valorizzazione professionale (28%) e implementino modelli di business particolarmente attenti alla sostenibilità ambientale (20%).
Secondo quanto dichiarato dai lavoratori, un’azienda che riesce a soddisfare questi requisiti può conseguire benefici significativi anche se non sempre evidenti. Un impegno vero e attivo delle organizzazioni sui temi della sostenibilità, infatti, si rispecchia in una maggiore dedizione al lavoro da parte delle persone, come riportato da quasi due terzi degli italiani (64%), e anche in un maggiore coinvolgimento in ambito lavorativo, come indicato da circa 4 intervistati su 10. Inoltre, sempre secondo quanto emerge addala ricerca Deloitte, l’attenzione alla sostenibilità favorisce l’attrazione dei talenti, con parte del campione che si dichiara disponibile a cambiare l’attuale datore di lavoro pur di essere parte di un’azienda consapevole (23%), anche a fronte di una riduzione della retribuzione (25%).
“La maggiore consapevolezza delle persone rende per loro prioritaria la ricerca di un “buon lavoro”, in cui salute, sicurezza e benessere del dipendente sono centrali; quando il lavoro ruota intorno a questi elementi, contribuisce alla creazione di un contesto sostenibile. Per le aziende, la comprensione profonda delle aspettative dei lavoratori verso le tematiche ESG diventa essenziale per ottimizzare le strategie di gestione delle risorse umane, per attrarre nuovi talenti in modo consapevole e purpose-driven e per far sì che i dipendenti si sentano motivati, realizzati e desiderosi di impegnarsi sempre di più nel prendere decisioni corrette”, commenta Gianluca Di Cicco, Deloitte Workforce Transformation Leader.
La risposta delle imprese italiane per creare sinergia tra strategia e purpose
Lo stato attuale del processo di transizione sostenibile mostra come i modelli di business delle imprese italiane si stiano evolvendo seguendo due direzioni principali: una improntata al green e all’economia circolare e una ispirata al più ampio well-being e alla cultura della sostenibilità a 360°.
Infatti, un dipendente su 2 dichiara che l’azienda, per cui lavora, sta implementando approcci circolari con l’obiettivo di minimizzare gli sprechi e utilizzare materiali riciclabili nei propri processi produttivi, mentre 1 su 5 riporta che il proprio datore di lavoro sta puntando sulle rinnovabili. A livello organizzativo e di cultura aziendale, sempre secondo gli intervistati, emerge un interesse verso l’adozione da parte della propria organizzazione di modelli di lavoro sempre più flessibili (23%), e la promozione della parità di genere e dell’inclusione (21%).
A conferma di questa tendenza, più di un italiano su 3 riferisce che il proprio datore di lavoro sta mettendo a disposizione del proprio personale risorse per favorire l’adozione di comportamenti virtuosi sul posto di lavoro e si dichiara soddisfatto dell’impegno assunto dalla propria azienda in ambito sostenibilità. I lavoratori, inoltre, credono che le iniziative realizzate siano prive di secondi fini (41%), con solo 1 su 3 che si dice preoccupato che il proprio datore di lavoro stia praticando forme di greenwashing.
I lavoratori chiedono anche che il suddetto processo di transizione includa l’evoluzione dei modelli di business in un’ottica più sostenibile e responsabile, andando oltre le attività di riduzione degli sprechi e utilizzo di materiali riciclati (29%) e di promozione di forme di lavoro flessibili (22%). Infatti, emerge l’esigenza di un’ulteriore spinta innovativa verso: l’attenzione alla decarbonizzazione con l’impiego di rinnovabili (21%), particolarmente importante per la generazione dei Baby Boomer; l’adozione di meccanismi di incentivazione, che premiano sia stili di vita e modelli di consumo sostenibili che performance lavorative in linea con gli obbiettivi ESG dell’azienda (19%), che trova nei giovani della Gen Z i principali promotori; e la definizione di una value proposition costruita sempre più attorno alla sostenibilità (16%), apprezzata soprattutto dai Millennial.
L’importanza dell’ecosistema di business e delle istituzioni a sostegno della transizione sostenibile
In questo contesto rimane imprescindibile il ruolo che molteplici soggetti, sia interni che esterni all’azienda, devono ricoprire per favorire l’evoluzione sostenibile e responsabile delle aziende. In particolare, i lavoratori italiani riconoscono nel management e nei vertici aziendali (22%), con i dipendenti (19%), coloro che possono incoraggiare l’adozione di strategie responsabili ed etiche dall’interno. Al di fuori dei confini aziendali, vengono indicati in primis il Governo (35%), in grado di incentivare le aziende a innovare e implementare modelli di business sempre più responsabili, e successivamente i clienti (24%) e i fornitori (17%), quali ulteriori attori capaci di supportare un veloce ed efficace processo di transizione, che è dunque sistemico.
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