“Speravamo fosse l’inizio di un ritorno alla normalità, seppur “controllata”, per i pubblici esercizi, settore economico tra i più penalizzati in assoluto dall’emergenza Covid-19. In verità, siamo di fronte all’ennesimo Decreto che contiene norme per la ripartenza delle attività che sommano incertezza ad incertezza e che, nella migliore delle ipotesi, consente la riapertura al pubblico a meno delle metà dei locali oggi sostanzialmente chiusi. E a quei “fortunati” che possono contare su spazi esterni, viene comunque permessa un’operatività solo sulla carta, visto che basta, ad esempio, una pioggia improvvisa o un calo delle temperature per far saltare pranzi e cene e buttare al vento lavoro e materie prime”. Il presidente di Confcommercio Vicenza Sergio Rebecca raccoglie e rilancia la rabbia e la frustrazione degli oltre 4.500 imprenditori vicentini, titolari di ristoranti, pizzerie, trattorie bar, pasticcerie e società di catering, delusi, ancora una volta, dal nuovo Decreto Covid-19. Una norma ora ufficiale (dopo la pubblicazione in Gazzetta avvenuta nelle scorse ore), che acuisce le preoccupazioni sul futuro di molte attività del settore ormai giunte allo stremo. “È un’altra “doccia fredda” per il settore, peraltro inaspettata dopo la manifestazione in piazza a Roma del 13 aprile scorso, alla quale era seguita una fitta interlocuzione tra Governo, Confcommercio e Federazione Italiana Pubblici Esercizi - incalza il presidente Rebecca -. Consentire la somministrazione di cibi e bevande, in zona gialla, solo all’aperto fino al 31 maggio e la conferma del coprifuoco fino alle 22.00 sono regole fuori dalla realtà. A guardare il “bicchiere mezzo pieno” il decreto in sé ha perlomeno il pregio di ridare una prospettiva di ripresa ad altre imprese fortemente penalizzate: ad esempio le palestre, le piscine. E dal punto di vista turistico fa un po’ di chiarezza, almeno, sullo spostamento tra Regioni, consentendo poi la ripresa anche delle attività fieristiche, importanti per il nostro segmento alberghiero business”.
Ma il nodo cruciale resta quello dei pubblici esercizi (oltre che quello delle discoteche, chiuse da oltre un anno e “dimenticate” anche questa volta). “Qui proprio non ci siamo – incalza il presidente Rebecca –. Non solo più del 50% delle attività di pubblico esercizio non è dotato di area esterna, ma la maggior parte di queste non può nemmeno richiedere l’occupazione del suolo pubblico”: il riferimento, in questo caso, è a chi, e sono tanti, non ha disponibilità di aree nei pressi del locale o comunque non può usufruirne per questioni di sicurezza e viabilità.
“Si sta chiedendo alle imprese della somministrazione – incalza il presidente di Confcommercio Vicenza –, già provate da oltre 230 giorni di sostanziale chiusura al pubblico di accettare oneri, rischi imprenditoriali e rinvii insostenibili. Noi ancora crediamo possa tornare il buon senso e per questo continuiamo nel nostro pressing, anche tramite Confcommercio Nazionale, per arrivare all’apertura dei locali con servizio all’interno trascorsa la prima settimana di maggio, seguendo le indicazioni e le linee guida che già la Conferenza delle Regioni aveva presentato al Governo”. E che prevedevano, ad esempio, l’obbligo di apertura delle finestre e delle vetrate. Una condizione più che sufficiente - assieme al distanziamento dei tavoli, al limite dei posti a sedere e ad un più efficace sistema di controlli su chi “sgarra” - per garantire i massimi standard di sicurezza.
Ma anche se Confcommercio e Fipe puntano ad ottenere allentamenti nei prossimi giorni, oggi non resta che fare tutto il possibile quanto meno per consentire ai locali di poter sfruttare gli spazi esterni ove possibile. Da qui la lettera spedita nei giorni scorsi da Confcommercio Vicenza a tutti i Comuni della provincia, in cui l’Associazione chiede ai Sindaci di “agevolare, sia in termini di modalità che di tempi, nonché di verifica dei requisiti e condizioni, le pratiche autorizzative di concessione dei plateatici su aree pubbliche, favorendo anche il maggior ampliamento possibile per chi ne fosse già dotato”. Richiesta alla quale si aggiunge anche quella di riconoscere un aiuto “quanto mai necessario alle attività”, in termini di riduzione delle imposte locali Tari, Imposta Pubblicità, Imu per tutto il 2021.
Se la ripresa per il settore somministrazione è praticamente rimandata, lo stesso sia per i tributi locali, dunque; anche se va detto che nel frattempo le spese fisse comunque continuano a correre, come ha sottolineato la Confederazione al Governo, chiedendo ristori più adeguati, più tempestivi, più inclusivi in termini di parametri d'accesso, che tengano conto anche dei costi fissi.
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