La vicepresidente di Confcommercio nazionale con delega al lavoro e alla bilateralità, Donatella Prampolini, ha tenuto una conferenza stampa "dedicata" ai temi del salario minimo e al Contratto collettivo nazionale del terziario, distribuzione e servizi in vista delle trattative con i sindacati per il rinnovo della parte normativa. A proposito del Ccnl, Prampolini ha osservato che Confcommercio ha tutto l'interesse a chiudere il rinnovo in un contesto di consumi stagnanti e inflazione. "È uno stimolo ai consumi che per le nostre imprese associate sono fondamentali".
"L’innovazione del nostro contratto su temi come il welfare e la bilateralità - ha detto Prampolini - è alla base della motivazione per cui è il contratto più applicato con oltre 2 milioni e 800 mila addetti, con un indice di penetrazione del'94% delle aziende e e dell'85% dei lavoratori. Scaduto alla fine del 2019 abbiano cercato di riattivarlo nel 2020 ma il Covid ha bloccato tutto. A meta del 2021 abbiamo ripreso il percorso, ma visto che era complicato arrivare ad una chiusura contrattuale, alla fine del 2022 abbiamo deciso di fare un accordo ponte sulla parte economica, riconoscendo 350 euro una tantum per ogni lavoratore al quarto livello e sempre per il quarto livello 30 euro al mese da aprile 2023 come acconto sul rinnovo, tralasciando momentaneamente quella normativa".
"Nella contrattazione - ha sottolineato Prampolini - vogliamo rimanere al passo con i tempi e oggi alcune parti di quel contratto hanno necessità di essere riviste. Quello che chiediamo è andare discutere su quelle parti che non consentono alle aziende di avere elementi di flessibilità e di stagionalità".
A proposito del salario minimo, Prampolini ha chiarito numeri alla mano che nel commercio i salari non sono sotto la soglia "psicologica" dei 9 euro. "Non abbiamo mai nascosto la nostra contrarietà ad un salario minimo per legge. Quando si parla di un contratto di lavoro la parte economica e solo una delle questioni, perché all'interno delle norme che ci siamo dati come parti sociali ci sono tutte quelle regolamentazioni utili a livello di contenzioso e aspetti importanti legati al welfare e alla bilateralità, ad esempio prevedendo la costituzione, all'interno del nostro contratto, di enti che sostengono concretamente le famiglie, come il fondo sanitario Est, o come i fondi bilaterali di assistenza al reddito".
"In questo momento - ha sottolineato Prampolini - non stiamo rinnovando il contratto perché vogliamo rimanere al passo con i tempi e chiediamo che, a fronte di un rinnovo contrattuale importante, per il quale abbiamo riconosciuto l'Ipca come indice di riferimento, si discutano quelle parti che non consentono alle aziende di avere elementi di flessibilità e di rispondere alle esigenze di stagionalità". Infine una battuta sul mercato del lavoro: "Sembra un paradosso, ma in questo momento noi facciamo fatica a trovare lavoratori. Nel turismo e nel commercio mancano 480 mila lavoratori. C'è un problema di incrocio di domanda e offerta perché non ha funzionato la seconda gamba del reddito di cittadinanza. Mancano le competenze ma anche le figure professionali base, manca la manodopera".
Le proposte di Confcommercio
Rispetto alla proposta di un salario minimo per legge, Confcommercio ritiene che la risposta giusta sia nel rafforzamento della contrattazione collettiva esercitata dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative che già svolge il ruolo di “autorità salariale”, anziché sottrarre autonomia negoziale alle parti sociali. Una contrattazione che da sempre ha garantito la più equa retribuzione per i lavoratori attraverso un trattamento economico complessivo che ricomprende la sanità integrativa, la previdenza complementare e i servizi della bilateralità territoriale. Si tratta, dunque, di agire per la valorizzazione erga omnes di tali sistemi di contrattazione. Anche perchè l’individuazione di un salario minimo orario per legge, slegato da un consolidato sistema di relazioni sindacali, andrebbe a discapito della più diffusa applicazione dei contratti collettivi leader, danneggiando la sana concorrenza tra imprese. Peraltro, nel settore del terziario di mercato, che occupa più di 3,5 milioni di lavoratori, le retribuzioni orarie al lordo degli istituti aggiuntivi, si attestano sempre sopra i 9 euro, anche per i livelli più bassi. Inoltre, il rischio di un appiattimento delle retribuzioni, che una soluzione legislativa porterebbe con sé, determinerebbe altresì una perdita del potere di acquisto dei lavoratori e, dunque, un abbassamento dei consumi, incidendo negativamente sulle tenuta economica delle imprese.
Servono, inoltre, misure di riduzione strutturale del costo del lavoro. La crescita dei salari – che dipende anzitutto dal rafforzamento della dinamica della produttività – potrebbe essere sostenuta da incisive misure di riduzione del cuneo fiscale e contributivo gravante sui redditi da lavoro e da interventi di detassazione degli aumenti contrattuali. In questa direzione Confcommercio condivide le proposte di piena detassazione fino a 6.000 euro dei premi di risultato nonché delle erogazioni previste dalla contrattazione di secondo livello, così come la previsione di un’imposta sostitutiva sugli incrementi retributivi corrisposti al prestatore di lavoro per effetto del rinnovo del CCNL applicato, qualora sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Occorre, poi, avanzare sul terreno della misurazione della rappresentatività a partire da quella delle organizzazioni dei lavoratori. In tal modo, anche nel settore privato, per ciascun CCNL, sarà possibile avere il valore effettivo del peso delle organizzazioni sindacali stipulanti i contratti collettivi. Dopodiché, sarà necessario individuare altresì dei criteri di calcolo della rappresentatività delle organizzazioni dei datori di lavoro: un’attività per la quale è ancora necessario proseguire con l’interlocuzione già avviata dalle Parti Sociali in sede CNEL.
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