Molte delle tecnologie che usiamo quotidianamente hanno, come componenti essenziali, alcune materie prime definite recentemente dall’Unione Europea come “Critiche”. Si tratta di materiali come le terre rare, il magnesio, il palladio e altre, che provengono per la maggior parte da Paesi extra Ue (nella stragrande maggioranza dei casi dalla Cina, ma anche dalla Russia e da alcuni paesi africani), per le quali, dunque, si porrebbe un forte problema di approvvigionamento in caso di tensioni a livello geopolitico. E questo metterebbe in seria difficoltà i produttori di tecnologia europei, anche in previsione degli sviluppi legati alla transizione ecologica (molti di questi materiali sono cruciali, ad esempio, per la produzione di pannelli fotovoltaici, pale eoliche e per il passaggio dell’industria automobilista alla mobilità elettrica).
Eppure le nostre case sono delle vere e proprie “miniere domestiche” di questi materiali, perché un adeguato riciclo dei così detti RAEE, ovvero i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche potrebbe soddisfare una buona fetta di questo fabbisogno.
Ma andiamo con ordine e basiamoci, in particolare, su quanto messo recentemente in evidenza dallo studio “Le opportunità per la filiera dei RAEE all’interno del Critical Raw Materials Act”, realizzato da The European House – Ambrosetti e commissionato da Erion, l’importante Sistema multi-consortile italiano di Responsabilità Estesa del Produttore per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici (RAEE Domestici, RAEE Professionali, Rifiuti di Pile e Accumulatori, Rifiuti di Imballaggi) e dei rifiuti di prodotti del tabacco.
Lo studio parte da un dato preoccupante: l’Italia è al primo posto tra i Paesi dipendenti da importazioni extra-UE per l’approvvigionamento di Materie Prime Critiche (CRM – Critical Raw Materials) considerate essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per l’economia del Paese. La produzione industriale italiana dipende, infatti, per 686 miliardi di euro (pari al 38% del PIL al 2022) da Paesi terzi per l’approvvigionamento dei materiali strategici. Uno scenario che mette in evidenza criticità e rischi se si pensa che, in un solo anno, tale esposizione è cresciuta del 22% (nel 2021 erano 564 miliardi di euro con un’incidenza complessiva sul PIL di circa il 33%).
In questo contesto si inserisce il “Critical Raw Materials Act” una serie di proposte volute della Commissione Europea volte a garantire all’Unione un accesso sicuro, competitivo e sostenibile ai materiali strategici, anche per non trovarsi nella stessa situazione che ha coinvolto l’Europa negli approvvigionamento di gas dopo l’invasione russa in Ucraina.
Proprio riguardo al tema dell’approvvigionamento, il “Critical Raw Materials Act” promuove, tra gli obiettivi da raggiungere per i Paesi dell’Unione, che non più del 65% dei materiali importati debba provenire da un unico Paese, a fronte di uno scenario attuale che vede un’estrema concentrazione della fornitura di Materie Prime Critiche tra Cina, Sud Africa, Repubblica democratica del Congo e Stati Uniti. Inoltre si prevede che almeno il 15% delle CRM debba provenire dal riciclo.
Proprio in questo contesto, di estrema vulnerabilità dell’Italia e dell’Unione Europea, lo studio di Ambrosetti per Erion evidenzia come un contributo al rafforzamento dell’indipendenza da Paesi terzi possa essere associato proprio al riciclo dei prodotti elettronici che consentirebbe di ridurre la dipendenza da CRM.
In Italia, però, la strada da fare è ancora lunga, dal momento che la raccolta di RAEE non supera il 37%, a fronte di un obiettivo fissato a livello europeo pari al 65% del totale rispetto all’immesso sul mercato nei tre anni precedenti. Un dato che posiziona il nostro Paese tra i 5 meno virtuosi, davanti solo a Portogallo, Cipro, Malta e Romania.
Inoltre, lo studio evidenzia come i livelli di raccolta scendono ulteriormente nel caso dei piccoli RAEE (come smartphone, tablet, laptop, console, ecc.) e dei RAEE Professionali (ovvero quei rifiuti derivanti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche destinate ad attività commerciali e industriali) che sono, peraltro, tra i prodotti contenenti un maggiore quantitativo di CRM.
“Sui bassi livelli di raccolta, sia per i RAEE Domestici sia per i Professionali, influisce – scrive lo studio - sia la scarsa attenzione da parte dei consumatori, sia il fenomeno dei “flussi paralleli”, ossia l’intercettazione dei rifiuti da parte di soggetti non autorizzati che, non avendo minimamente a cuore il benessere del Pianeta ma solo il profitto economico, causano impatti ambientali e perdita di opportunità per il mancato recupero della maggior parte dei CRM in essi presenti”.
Eppure, sempre secondo lo studio di The European House – Ambrosetti, se in Italia si raggiungesse il target di raccolta definito a livello europeo (65%), al 2030 si potrebbero avviare al corretto trattamento 312 mila tonnellate di RAEE Domestici e Professionali in più. L’aumento dei volumi raccolti e la realizzazione di impianti adeguati al loro riciclo, potrebbe portare ad un recupero di circa 17 mila tonnellate di Materie Prime Critiche, pari al 25% di quelle importate dalla Cina nel 2021. Allo stesso tempo, investendo in un’adeguata dotazione impiantistica in grado di riciclare i RAEE recuperando Materie Prime Critiche, l’aumento del tasso di raccolta potrebbe portare tra il 2025 e il 2030 a una riduzione di circa 2,5 milioni di tonnellate di CO2 immesse in atmosfera.
Il beneficio ambientale genererebbe anche un vantaggio sociale per la comunità quantificabile in circa 487 milioni di euro. Senza dimenticare il vantaggio economico derivante dalla possibilità di recuperare Materie Prime Seconde, riducendo il peso delle importazioni e la dipendenza dall’estero che, secondo lo studio, sarebbe pari a circa 31 milioni di euro.
Ma quali sono le Materie Prime Critiche presenti nei prodotti tecnologici che si potrebbero in particolare recuperare? Lo studio ne cita 11: litio, cobalto, gallio, indio, germanio, tantalio, rutenio, disprosio, neodimio, terbio e rame. In 6 di queste materie prime, poi, la Cina è il principale produttore mondiale, con una quota che arriva fino al 97%.
Per dire che il riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici va dunque potenziato perché rappresenta una priorità strategica.
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