martedì 27 ottobre 2015
“Anticipare i saldi al 2 gennaio? E’ una follia. Avanti di questo passo ci proporranno di fare le vendite di fine stagione a metà dicembre, quando ancora non è iniziato l’inverno. Questa proposta è un autentico controsenso al quale rispondiamo con un perentorio no!”. Va dritto al punto Matteo Garzaro, presidente provinciale di Federmoda-Confcommercio sull’ipotesi, che sta circolando a livello nazionale, di anticipare i saldi al primo sabato di gennaio anziché a martedì 5 gennaio. Domani, infatti, martedì 27 ottobre , si terrà un'audizione tecnica presso la Conferenza delle Regioni richiesta da Federdistribuzione per anticipare a livello nazionale i saldi da martedì 5 gennaio a sabato 2 gennaio 2016.
“Premesso che noi siamo perché questo tipo di vendite siano veramente di fine stagione – prosegue il presidente Garzaro – abbiamo negli anni dovuto scendere a compromessi sulle date dei saldi per fare in modo che ci fosse un inizio omogeneo tra territori vicini. Ma ora la proposta che viene avanzata da Federdistribuzione è quanto meno paradossale e punta chiaramente a mettere in difficoltà seria le piccole e medie attività del dettaglio, che non lavorano certo alle stesse condizioni di mercato della grande distribuzione”.
Infatti, come sottolinea il presidente di Federmoda-Vicenza, “i saldi, per il dettaglio multibrand tradizionale, hanno davvero l’obiettivo di ovviare alle forti rimanenze che si generano a causa di un sistema di filiera che ci obbliga a comprare la merce otto mesi prima, sulla base di previsione stilistiche fatte dai fornitori e su ipotesi di vendite, per definizione aleatorie. Anticiparli continuamente significa togliere valore alle vendite di fine stagione e ha, come effetto collaterale, anche quello di portare ad una contrazione delle vendite nel mese di dicembre, vale a dire nel periodo natalizio che è quello di maggiore propensione agli acquisti da parte della clientela”. Senza contare i problemi organizzativi che sarebbero innescati dalla partenza dei saldi il 2 gennaio, con titolari e dipendenti costretti a lavorare il 1° dell’anno per predisporre negozi e vetrine. Tante ragioni per respingere l’ipotesi di un ennesimo anticipo.
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