Sono circa 800 negozi di abbigliamento e calzature della provincia di Vicenza che a causa dell’emergenza Coronavirus sono stati obbligati ad abbassare le serrande. Il paradosso però è che i punti vendita sono “vuoti di clienti” - che ad oggi non possono acquistare in negozio un paio di scarpe, un vestito, una camicia - ma “pieni di merce”.
“Noi avevamo ordinato la collezione primavera-estate con largo anticipo e circa il 90% degli articoli ci sono già stati consegnati– spiega Marisa Lunardon di Federmoda-Confcommercio Vicenza, la federazione dei dettaglianti del tessile-abbigliamento e calzature– Ed ora, oltre a totalizzare incassi zero e a pagare affitti o mutui dei nostri negozi, ci ritroviamo a dover saldare anche i fornitori. In molti stanno soffrendo una grave carenza di liquidità”. Un problema che colpisce l’ultimo anello della catena commerciale, vale a dire il dettaglio, ma che si riflette su tutta la filiera, in una febbrile ricerca di accordi con i produttori per dilazioni o proroghe nei pagamenti.
“L’impatto di questa emergenza è fortissimo sul nostro settore, che già veniva da stagioni poco brillanti a causa della flessione dei consumi – prosegue Marisa Lunardon -. Per questo le misure di sostegno introdotte finora dal Governo risultano ampiamente insufficienti e ciò è ancor più grave se pensiamo che ad essere colpito è un comparto, quello del dettaglio di abbigliamento e calzature, che rappresenta una fetta significativa di vendite per la produzione made in Italy”. Proprio per questo Federmoda-Confcommercio Vicenza ritiene utile istituire un unico tavolo di regia della filiera mirato ad ottenere urgentemente dal Governo provvedimenti efficaci e misure specifiche per permettere al settore di resistere oggi e di ripartire domani. “Per quanto riguarda il dettaglio – spiega la rappresentante dei negozianti vicentini – servono interventi a tutto campo, perché il rischio è di non riaprire, svuotando di negozi città e paesi, con gravi ripercussioni sulla qualità dei nostri centri urbani e sul turismo. E' essenziale ottenere subito un’iniezione di liquidità, con la concessione, ad esempio, di credito a tasso zero garantito dallo Stato, così da poter far fronte agli impegni assunti nei mesi scorsi e avere le risorse per aprire quando si uscirà dall’emergenza. Poi bisogna intervenire sui vincoli contrattuali con i fornitori e su quelli che regolano gli affitti d’azienda, oltre ad agevolare chi si ritrova a pagare alti canoni di locazione. Inoltre serve una più ampia moratoria su utenze e adempimenti amministrativi e fiscali, oltre che rafforzare il credito d’imposta per le locazioni commerciali e sui contratti di affitto d’azienda. Infine bisognerà certamente intervenire sulla stagione dei saldi”.
I capi estivi, infatti, se tutto va bene rischiano di tornare nelle vetrine al momento delle vendite di fine stagione, causando un ulteriore colpo alla redditività dei negozi, che andrebbero a tagliare i ricavi pur dovendo affrontare il fardello dei costi accumulati fin qui. E tra agosto e settembre arriveranno nei punti vendita anche i capi invernali ordinati prima dell’emergenza Covid19.
“È essenziale essere messi nelle condizioni di evitare il default economico di tante nostre attività – conclude Marisa Lunardon di Federmoda Confcommercio Vicenza -. Tra colleghi si guarda già al futuro e ci si chiede non solo quando si potrà riaprire, ma anche quanto tempo ci vorrà affinché ripartano i consumi e le persone ritrovino fiducia e voglia di fare shopping. Anche le disponibilità economiche delle famiglie, infatti, hanno subito un duro colpo dall’emergenza. Per questo c’è bisogno già oggi di pensare alla ricostruzione dell’economia, con strumenti adeguati per traghettare il sistema distributivo del settore moda fuori dalla crisi, prima che sia troppo tardi”.
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