Inadeguatezza infrastrutturale, scarsa accessibilità materiale e digitale, latitanza di un'efficace politica della logistica. Sono questi i tre mali di cui soffre il sistema italiano dei trasporti, come emerge dalla "Nota sui problemi e le prospettive dei trasporti e della logistica in Italia", realizzata dall'Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con Isfort e presentata nell'ambito della conferenza stampa che ha inaugurato il primo Forum Internazionale Conftrasporto. Lo studio parte da un assunto amaro quanto disarmante: in Italia la logistica non è mai stata considerata come settore produttivo in sé. "Nella nostra tradizione culturale – si legge - ha sempre contato, e ancora conta, di più produrre: tanto poi (si pensa) in un modo o nell'altro le merci arriveranno dove devono arrivare, anche perché non di rado sono gli stessi clienti a farsi carico del trasporto acquistando i prodotti franco fabbrica". Ma "mettendoci la globalizzazione e lo spostamento mondiale delle produzioni, c'è il rischio concreto che non solo le merci fatichino a partire e ad arrivare in Italia, ma che una quantità di merci via via minore sia prodotta nel nostro Paese". Non si può continuare a dormire sugli allori, insomma: la posizione strategica dell'Italia conta pressoché zero senza un orizzonte strategico in grado di sfruttare il vantaggio competitivo.
L'inadeguatezza infrastrutturale
Secondo lo studio, sviluppo economico, ampliamento della rete infrastrutturale e potenziamento dei servizi di trasporto sembrano seguire traiettorie separate, non sempre convergenti, e andamenti non equilibrati a causa di ritardi, di inefficienze e dell'assenza di una politica dei trasporti, ma soprattutto di una visione integrata tra politica economica in generale e politica della logistica e dei trasporti. Non a caso, risultati sconfortanti arrivano da un recente studio sulla competitività di circa 150 Paesi che considera tra gli indici necessari per valutare la loro appetibilità commerciale quelli relativi alla qualità delle infrastrutture stradali, ferroviarie portuali e aeree percepita dai cittadini e dalle imprese che le utilizzano: l'Italia è quindicesima per le ferrovie, diciassettesima per le trade, diciannovesima per i porti, ventunesima per gli aeroporti. Non può dunque essere un caso che il traffico merci sia in costante calo e che nel 2016 non saranno stati recuperati neppure lontanamente i livelli di movimentazione del 2003. Altri dati fanno riflettere: il tempo complessivo di espletamento delle operazioni di importazione ed esportazione al netto dei tempi di viaggio, nel nostro Paese è tra il doppio e il triplo circa rispetto a quello necessario nei principali Paesi europei.
La scarsa accessibilità materiale e digitale
La "questione logistica" nel nostro Paese non si limita al "gap infrastrutturale" né al malfunzionamento amministrativo e tecnologico delle infrastrutture stesse: c'è anche il problema dell'accessibilità multimodale dei territori, cioè la difficoltà di raggiungere i territori a costi competitivi. E' un problema che ha un impatto diretto sulla crescita delle varie aree del Paese: in alcune province del Sud con indici di accessibilità pari alla metà di quelli delle migliori regioni si notano livelli di Pil e consumi pro capite pari a circa la metà delle aree più avanzate del Nord. Non può essere un caso. Ma la questione dell'accessibilità riguarda anche il grado di competenze e capacità digitali, perché secondo lo studio "la dimensione digitale è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per adeguare i servizi logistici alle sfide della globalizzazione".
La latitanza di un'efficace politica della logistica
La strategia di costruzione di un'intelaiatura trasportistica e logistica in grado di sostenere la crescita economica del Paese ed aprire il mercato dei servizi di trasporto non è riuscita ad adeguare l'offerta infrastrutturale all'evoluzione della domanda di mobilità espressa dal tessuto industriale e soprattutto alla nuova configurazione delle imprese. Al contrario, si è affermato un modello logistico spontaneo i cui cattivi risultati si vedono nel Logistic Performance Index della Banca Mondiale: se per magia l'Italia si trovasse oggi di colpo sui livelli della Germania, con dunque una crescita immediata di quasi il 12%, il valore aggiunto sarebbe di 42 miliardi di euro più elevato, il 2,8% in più del valore osservato per l'anno 2014. E un incremento dell'indice del 10% si traduce stabilmente in maggiore ricchezza per circa il 2%. Se, più realisticamente, lo sviluppo del Logistic Performance Index procedesse a tassi spagnoli, comunque ben più dinamici dei nostri – il Pil italiano potrebbe contare su 35 miliardi di euro aggiuntivi nel periodo 2015-2020. Puntare sulla logistica, insomma, conviene.
A.M
Tratto dal sito Confcommercio.it
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