Non c’è alternativa: le autoscuole italiane devono applicare l’IVA alle lezioni che preparano agli esami per conseguire la patente, cosa che non avveniva prima della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 2 settembre scorso. Ciò significa che sia la teoria sia le guide, d’ora in poi costeranno all’utente finale il 22% in più. Per le autoscuole è una sorta di “rivoluzione”, perché questa formazione era prima considerata esente dall’imposta: ma poi è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 14 marzo 2019 – alla quale l’Amministrazione finanziaria si è adeguata - che ha stabilito la non equivalenza dell’insegnamento delle autoscuole con quello scolastico e/o universitario la formazione o la riqualificazione professionale e le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale.
La novità non è di poco conto e si ripercuote negativamente sia sui giovani che vogliono conseguire la patente e le loro famiglie, sia sulle stesse autoscuole. Per i primi infatti si tratta di una vera e propria “stangata” sui costi per prepararsi all’esame della patente. Le autoscuole, invece, - che sulla questione stanno dando battaglia a livello nazionale -, a meno di successivi interventi normativi dovrebbero riprendere in mano tutta la loro contabilità relativamente alle operazioni effettuate e registrate in annualità ancora accertabili ai fini Iva (dal 2014 in poi), emettendo una nota di variazione in aumento, come previsto dalla normativa dell’IVA (DPR. 633/1972).
Tale maggiore imposta dovrebbe, quindi, essere inserita nella dichiarazione integrativa di ciascun anno solare relativo a prestazioni ancora accertabili. Inoltre, poiché per effetto della sentenza si è modificato il regime Iva dell’attività esercitata - da esente a imponibile - il cambiamento comporterebbe, per le stesse annualità, il diritto alla detrazione d’imposta sugli acquisti di beni e servizi riguardanti l’attività. Insomma, un bel caos burocratico-fiscale, solo in parte mitigato dal fatto che le autoscuole non saranno comunque soggette a sanzioni, né a interessi moratori per le
prestazioni effettuate precedentemente all’attuale interpretazione: infatti, i titolari si erano conformati alle precedenti indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, ora “smentite” dalla Corte di Giustizia, e l’art. 10 dello Statuto del contribuente le mette al riparo da qualsiasi rivalsa da parte dello Stato.
“Questa novità è per noi un fulmine a ciel sereno, che sconvolge la nostra attività e la mette seriamente in pericolo – spiega Paola Tommasini, presidente dell’Associazione provinciale autoscuole di Confcommercio Vicenza -. Chiedere ai ragazzi e alle loro famiglie il 22% in più per usufruire dell’autoscuola è difficile, sia da capire, sia da pagare. Purtroppo non dipende da noi: lo dobbiamo fare, ma spiegarlo ai diretti interessati non sarà facile. Le ripercussioni economiche sulle nostre autoscuole potrebbero essere serie, ma anche la preparazione dei neopatentati non potrà che risentirne, perché più di qualcuno potrebbe, ad esempio, pensare di ridurre le guide e arrivare all’esame non adeguatamente pronto. Inoltre – continua la presidente Tommasini -, riprendere in mano la contabilità delle nostre attività, con riferimento agli ultimi 5 anni, per applicare un’imposta che di fatto non abbiamo mai riscosso, comporta un notevole sconvolgimento per la nostra attività amministrativa. La speranza è che intervenga qualche altro provvedimento legislativo che possa in qualche modo venire in nostro aiuto. A livello nazionale, le autoscuole si stanno mobilitando affinché si ponga rimedio il più presto possibile”.
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