“Le nostre attività sono ferme: d’altronde con lo smart working si fa davvero poco: non si possono concludere gli accordi già siglati, farne di nuovi, visitare immobili o quant’altro. Per noi è un danno enorme, ma anche per i cittadini che magari erano pronti al rogito o a spostarsi in un altro appartamento in affitto, così come per le imprese che intendevano cambiare location, il disagio è grandissimo”. Serafino Magistro, presidente provinciale della Fimaa Confcommercio, la federazione degli agenti immobiliari, fotografa così la situazione di un settore paralizzato dall’emergenza Covid19. “Venivamo da un 2019 di crescita che possiamo quantificare attorno al 10% rispetto al 2018 per il solo mercato residenziale. Non eravamo tornati ai volumi pre crisi, ma ci stavamo lentamente rialzando. Ora dovremo ricominciare tutto da capo: attendere che tornino fiducia e capacità di reddito, elementi essenziali perché l’immobiliare riparta”. Fare oggi previsioni su quanto “costerà” il coronavirus per il mercato immobiliare è complesso, perché molto dipende anche da quanto durerà il lockdown. “In un recente webinar organizzato da Fimaa Verona con Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, si è ipotizzato un calo delle transazioni immobiliari tra il 10 e il 20% - afferma Magistro -: tradotto sullo scenario vicentino ciò vorrebbe dire fino a duemila compravendite in meno solo per il mercato residenziale”.
L’emergenza coronavirus cambierà anche le tipologie di immobili cercate sul mercato? “Tutto dipenderà da come e quando ne usciremo – ipotizza il presidente di Fimaa -. Chiaro che oggi più di qualcuno ha sentito la mancanza, nel residenziale, di avere a disposizione un giardino o un terrazzo vivibile, o una stanza in più per lo smart working. E nel commerciale, potrebbe essere riconsiderata l’importanza di un magazzino adatto ad organizzare il lavoro di consegna a domicilio. Nella ristorazione, l’ampiezza del locale e i posti a sedere diventeranno ancor più importanti se il distanziamento sociale proseguirà per molto tempo”.
In attesa di vedere come evolverà la situazione, il presidente di Fimaa Confcommercio Vicenza non manca di evidenziare un aspetto sul quale i proprietari immobiliari dovrebbero porre attenzione in questo momento: la richiesta, da parte di cittadini e imprese, di agevolazioni sui canoni di affitto. “Non è una questione semplice – afferma – perché deve contemperare le necessità di famiglie che in questo momento potrebbero trovarsi in difficoltà economica, ad esempio in attesa della cassa integrazione, e quelle del piccolo proprietario che ha la necessità di percepire la propria rendita. E poi ci sono attività commerciali e pubblici esercizi chiusi per legge, che senza introiti faticano a pagare le locazioni, specie nelle zone di particolare pregio dove il canone è alto. E infine si pensi a chi è in affitto d’azienda, che può essere economicamente ancor più impegnativo. Non c’è, al momento, nessuna norma che imponga una generalizzata concessione di agevolazioni, ogni caso è a sé – è l’analisi del presidente Magistro –. Ritengo però che trovare un accordo sia vantaggioso per tutti: se penso al mercato commerciale, ad esempio, il proprietario deve considerare che mettere in difficoltà l’affittuario significa rischiare che l’attività non riapra più e non è detto che, superata l’emergenza, sarà poi così facile trovare qualcuno che subentri e agli stessi prezzi. Meglio rinunciare a qualcosa oggi, per assicurarsi la continuità domani. Anche perché – è il consiglio del presidente di Fimaa-Confcommercio Vicenza – se l’agevolazione è formalizzata e registrata all’Agenzia delle Entrate sarà possibile pagare le imposte su quanto effettivamente percepito, evitando anche un danno dal punto di vista fiscale. Tra l’altro l’adempimento è gratuito perché non è soggetto ad imposta di registro”.
Certo, è pur vero che il Decreto “Cura Italia” ha introdotto un credito d’imposta del 60% sull’affitto del mese di marzo per le attività obbligate alla chiusura (che operano in immobili di categoria C1), “ma capiamo tutti che non basta, perché chi ha chiuso ha entrate “zero” e chi può rimanere aperto non ne può fruire: certo, tra questi ultimi ci sono i negozi di generi alimentari che in questo momento lavorano, ma ci sono anche ottici, o ferramenta che tengono aperto solo per dare un servizio ai clienti, senza redditività. Questi non hanno alcun vantaggio fiscale”. E a proposito di credito d’imposta, il presidente Magistro precisa un aspetto che inizialmente aveva tratto in inganno i titolari di attività sospese: “Il credito d’imposta si ottiene solo se l’affitto del mese di marzo è stato pagato. E nel caso si ottenga una riduzione, l’agevolazione va adeguata al nuovo canone. E’ servita una circolare dell’Agenzia delle Entrate per porre fine alle interpretazioni discordanti: il coronavirus ha cambiato molte cose, ma non l’abitudine ad emanare norme che aprono una serie di dubbi, tutti da chiarire”.
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