Per la prima volta, dall’inizio della crisi economica, la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno ha aumentato la propria capacità di spesa risulta superiore a quella delle famiglie che l’hanno invece ridotta (25,6% contro 21,3%). E' quanto emerge dal rapporto Confcommercio-Censis su clima di fiducia e aspettative di famiglie e imprese presentato nei giorni scorsi a Roma.
Secondo gli analisti si tratta di un dato che segna una forte discontinuità, basti pensare che nel 2013 il 69,3% delle famiglie aveva dichiarato che la propria capacità di spesa si era ridotta. E’ importante segnalare che, nel 2015, la quota di famiglie che dichiara di aver aumentato i consumi (il 25,6%) è molto superiore a quella delle famiglie che hanno visto aumentare il reddito familiare (8,0%). In modo simmetrico, la quota di famiglie che ha ridotto i consumi è inferiore a quella che ha visto una contrazione del proprio reddito familiare complessivo. Desta comunque preoccupazione il fatto che continui a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito. In particolare, tra le famiglie che definiscono “basso” il proprio livello socio - economico (corrispondenti al 21,2% delle famiglie italiane) quelle che non hanno coperto le spese nell’ultimo anno raggiungono il 37,3% del totale.
Migliora decisamente il clima complessivo di fiducia delle famiglie verso il futuro: gli ottimisti sfiorano il 40% del totale con circa 10 punti percentuali in più rispetto a 2 anni fa. I pessimisti scendono al 22,4% (erano circa il doppio due anni fa). Rimane elevato il numero di coloro che hanno difficoltà a sviluppare un orientamento preciso riguardo il futuro (37,8%).
Guardando all’andamento del “ sentiment ” verso il futuro in serie storica, se è vero che sono passati ormai circa due anni da quando il numero di ottimisti ha superato quello dei pessimisti, è solo dal 2015 che le due curve cominciano a divergere in misura significativa. Anche le previsioni riguardo a redditi, consumi e risparmi danno conferma di un clima generale che sembra virare in positivo. Rispetto a redditi e consumi, la quota di famiglie che ritiene che aumenteranno è superiore a quella delle famiglie che pensano invece che saranno costrette a ridurli.
La grande maggioranza delle famiglie prevede comunque di attestarsi sui livelli di reddito, spesa e risparmi dell’anno precedente (rispettivamente il 79,1%, il 77,6% e 73,5%). Questi dati sono d’altra parte ampiamente confermati dalle previsioni di acquisto per l’anno prossimo di alcune tipologie di beni durevoli (quelli maggiormente penalizzati durante gli anni delle crisi) che vedono una vera e propria “impennata” per auto, mobili, elettrodomestici. Aumentano, ma in modo più progressivo come è spiegabile per un investimento che da tempo è oggetto di defiscalizzazione, anche le famiglie che ristruttureranno la propria abitazione.
Il sentiment del consumo e le strategie d’acquisto
Durante la crisi quote importanti di famiglie hanno sviluppato un orientamento verso una maggior sobrietà dei consumi. Sicuramente sono st ti adottati molti accorgimenti finalizzati a ridurre il superfluo e ad ottimizzare la spesa là dove se ne individuava la necessità. I segnali di miglioramento generale del sentiment non sembrano interrompere questa deriva. Nell’ultimo anno sono infatti ben il 71,4% le famiglie che hanno spostato gli acquisti verso le merci in promozione e il 46,9% quelle che hanno fatto maggior ricorso agli hard discount.
Il 63% ha ridotto le spese per il tempo libero e il 49% ha cercato risparmiare anche sulla spesa alime tare. Un 20% del totale dichiara poi di aver aumentato il proprio interesse per la merce usata. Anche i comportamenti di mobilità sono stati oggetto di “arbitraggio”: il 41,1% ha infatti cercato di ridurre l’utilizzo di auto e scooter. Un’ eventuale maggior disponibilità di risorse economiche modificherebbe le cose: se è vero infatti che circa la metà del campione confermerebbe l’attuale stile di vita e di consumo, circa un quarto dichiara invece che interverrebbe modificando i comportamenti d’acquisto. Una percentuale che è in parte correlata con lo status delle famiglie: quelle benestanti si attestano sul 21,7%, quelle di ceto più basso arrivano al 28,8%. Interessanti anche le quote (quasi sempre a due cifre percentuali) delle famiglie che acquisterebbero beni durevoli di cui avevano temporaneamente rinviato l’acquisto. In ogni caso, la destinazione dell’eventuale maggior reddito al risparmio rimane residuale presso tutte le tipologie di famiglie, segnando in qualche modo un’inversione di tendenza rispetto agli atteggiamenti fortemente cautelativi degli ultimi anni.
Sangalli: "Giù l'Irpef o non ci sarà vera crescita"
"Dal rapporto emergono due Italie: una che riparte, quella degli ottimisti, delle famiglie che tornano a spendere in particolare in beni durevoli, come auto, mobili, elettrodomestici. L'altra Italia è quella delle famiglie e delle piccole imprese che non hanno ancora toccato con mano la ripresa e che soprattutto nel Mezzogiorno non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito né a effettuare nuovi investimenti". Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha commentato i risultati della ricerca aggiungendo che è per questo che "il Governo deve finalmente tagliare con più coraggio e determinazione la spesa pubblica improduttiva liberando così le risorse necessarie per una riduzione generalizzata delle aliquote Irpef. Perché fino a quando non perderemo il triste primato di una pressione fiscale tra le più alte al mondo, non ci sarà vera crescita". Sangalli ha concluso evidenziando che "nel 2016 il Pil potrebbe anche avvicinarsi al 2% ma a due condizioni precise: che il Governo riduca con maggiore intensità le tasse su imprese e famiglie e che la Legge di Stabilità esplichi in pieno i suoi effetti espansivi".
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