Tra il 2008 e il 2019 il numero di esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa è diminuito del 12,1%, pari a circa 70mila in meno. Un calo medio che "nasconde" varie tendenze, come la forte diminuzione degli ambulanti (-14%) e l'aumento di alberghi, bar e ristoranti (+16,5%). I dati sono contenuti nell'analisi "Demografia d'impresa nelle città italiane", realizzato dall'Ufficio Studi di Confcommercio prendendo in considerazione 120 Comuni italiani e presentato a Roma nella sede confederale. Ne emerge anche che sono i centri storici a soffrire di più (-14,3% contro l’11,3%), in particolare al Centro Sud (-15,3%), con però alcune eccezioni (Siracusa, Pisa). Dal 2015, comunque, con il leggero miglioramento dell’economia dopo la lunga crisi c’è una piccola ripresa, che rispecchia d’altra parte il cambiamento delle scelte di consumo: aumentano infatti farmacie e negozi di pc e telefonia, e diminuiscono i negozi tradizionali. Da notare, infine, come la desertificazione commerciale generi disagio sociale: la riduzione della partecipazione al voto tra il 2014 e il 2019 che deriva dalla riduzione dei livelli di servizio commerciale è pari al 4%, ovvero due milioni di aventi diritto nel 2019.
Sangalli: "Serve un piano nazionale per la rigenerazione urbana"
Per il presidente di Confcommercio "città con sempre meno negozi sono ormai una patologia, necessaria una riforma fiscale complessiva per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna che vale l’80% del Pil".”Città con sempre meno negozi – quasi 70mila in meno negli ultimi dieci anni - sono ormai una patologia, soprattutto per la concorrenza del commercio elettronico e il perdurare della crisi dei consumi. C’è, dunque, bisogno di un piano nazionale per la rigenerazione urbana per migliorare la qualità della vita dei residenti e rendere i centri storici più attrattivi per i turisti. Bene, dunque, il ‘bonus facciate’ che va in questa direzione. Ma occorre anche un maggiore sostegno all’innovazione delle piccole superfici di vendita e, soprattutto, una riforma fiscale complessiva per abbassare le tasse e sostenere la domanda interna che vale l’80% del Pil. Città belle e che funzionano sono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori. Un ‘motore’ di occupazione e crescita che non può girare al minimo”.
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