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COSA PREVEDE LA NUOVA DIRETTIVA “CASE GREEN”

Anche l’Italia dovrà recepire la norma che prescrive interventi di ristrutturazione edilizia per l’efficienza energetica degli edifici e per la mobilità sostenibile

mercoledì 22 maggio 2024
COSA PREVEDE LA NUOVA DIRETTIVA “CASE GREEN” COSA PREVEDE LA NUOVA DIRETTIVA “CASE GREEN”

Lo scorso 8 maggio è stata pubblicata in G.U. dell’Unione Europea la direttiva 2024/1275 (c.d. “case green”) che promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all’interno dell’UE per raggiungere la neutralità climatica del parco edilizio al 2050. Vediamo da vicino i principali contenuti che potrebbero impattare su cittadini e imprese, anche se i tempi di entrata in vigore non saranno così vicini: gli Stati membri dovranno, infatti, recepire la direttiva entro il 29 maggio 2026 e presentare i piani nazionali di ristrutturazione entro il 31 dicembre 2025, inoltre le prescrizioni entreranno in vigore con un cronoprogramma che arriva al 2050.

Prima di tutto va detto che la normativa prevede la futura emanazione, da parte del governo, di un piano nazionale di ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e non, pubblici e privati, per la riduzione del consumo di energia. Prima di essere attivo il piano va trasmesso, previa consultazione pubblica, alla Commissione entro la fine del 2025.

All’interno di questo piano ogni Stato membro dell’UE sarà chiamato a fissare i requisiti minimi di prestazione energetica al fine di raggiungere almeno livelli ottimali in funzione dei costi, eventualmente facendo dei distinguo tra tipologie edilizie e con possibili deroghe in questi casi:

  • edifici storici, edifici di proprietà delle Forze Armate e quelli con funzione di luoghi di culto;
  • fabbricati temporanei (utilizzabili per massimo due anni) e quelli con superficie utile inferiore a 50 metri quadrati;
  • edifici residenziali utilizzati per meno di quattro mesi all’anno o con consumo energetico non superiore al 25% di quello stimato su base annua.

Tornando ai tempi di entrata in vigore della Direttiva, il Regolamento prevede il cronoprogramma che riportiamo di seguito.

Dal 2028: gli edifici pubblici di nuova costruzione dovranno essere zero-emissivi e tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere impianti fotovoltaici.

Entro il 2030 si deve ottenere la riduzione del 16% del consumo energetico da parte degli edifici residenziali e la ristrutturazione del 16% degli edifici non residenziali esistenti meno efficienti, introducendo requisiti minimi di performance energetica Sempre dal 2030 in poi tutti i nuovi edifici dovranno essere zero emissivi.

Entro il 2033 dovrà essere ristrutturato il 26% degli edifici non residenziali esistenti meno efficienti.

Ancora, entro il 2040 dovrà entrare in vigore l’obbligo di eliminare le caldaie a gas - ma già dal 2025 devono terminare gli incentivi (restano possibili quelli per i sistemi ibridi ).

 Infine entro il 2050 tutto il patrimonio edilizio esistente dovrà raggiungere lo standard zero-emissioni.

Ma cosa si intende precisamente per “edificio zero-emissivo”? Si tratta, secondo la Direttiva, di immobili con capacità di reagire ai segnali esterni e di adattare il proprio consumo, generazione o stoccaggio di energia con una soglia di fabbisogno energetico al di sotto del 10%. In questo senso, ogni Stato membro stabilirà la propria soglia massima e provvede affinchè il consumo totale annuo degli edifici zero-emissivi sia coperto da energia rinnovabile, anche tramite partecipazione a comunità energetiche rinnovabili, da sistemi di teleriscaldamento/teleraffrescamento e da fonti prive di carbonio.

La Direttiva ha previsto, inoltre, uno step intermedio, al 2035, di riduzione del 20-22% dei consumi per l’intero parco residenziale, di cui il 55% da attribuire a ristrutturazione del 43% degli edifici di prestazione energetica più bassa.

Dovranno poi essere installati impianti fotovoltaici entro il 2026, laddove tecnicamente appropriato ed economicamente e funzionalmente fattibile. In particolare l’installazione dovrà avvenire:

  • entro il 2026, su tutti gli edifici nuovi pubblici e non residenziali con superficie oltre i 250 mq;
  • entro il 2030 su tutti gli edifici pubblici oltre i 250 mq;
  • entro il 2027 su tutti gli edifici non residenziali oltre i 500 mq;
  • entro il 2029 su tutti i nuovi edifici residenziali e parcheggi coperti adiacenti agli edifici.

C’è spazio, nella Direttiva “case green”, anche per la mobilità. Viene infatti stabilito che gli edifici non residenziali di nuova costruzione sottoposti a ristrutturazione, con più di cinque posti auto, dotati di parcheggio  dovranno installare almeno un punto di ricarica ogni cinque posti e il precablaggio per almeno il 50% dei posti, nonché la canalizzazione dei posti rimanenti. E poi vanno previsti posti bici per almeno il 15% del numero di utenza media. Per gli edifici adibiti a uffici, nuovi o in ristrutturazione, con più di cinque posti auto, il punto di ricarica deve essere assicurato ogni 2 posti auto.

Per tutti gli edifici non residenziali con più di 20 posti dotati di parcheggio, entro il 2026 dovranno essere installati un punto di ricarica ogni 10 posti e canalizzazioni per il 50% dei posti rimanenti, nonché  posti bici per almeno il 15% del numero di utenza media.

Per tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione e in ristrutturazione, con più di 3 posti dovranno essere installati (eventualmente con il supporto di incentivi): il precablaggio per almeno il 50% dei posti e la canalizzazione dei posti rimanenti (e almeno un punto di ricarica in caso vi siano tre posti auto) e almeno 2 posti bici per unità immobiliare.

Va detto che la Direttiva prevede deroghe per regioni ultraperiferiche o in presenza di costi eccessivi.

E a proposito di costi, è previsto che gli Stati membri predispongano finanziamenti, misure di sostegno e strumenti consoni, in maniera agevole e semplificata, per affrontare le barriere di mercato e realizzare gli investimenti necessari per gli obiettivi al 2050, ricorrendo eventualmente a fondi nazionali a favore dell’efficienza energetica e promuovendo prestiti per l’efficienza energetica e mutui ipotecari per la ristrutturazione degli edifici, contratti di rendimento energetico, regimi finanziari in funzione del risparmio, incentivi fiscali (ad esempio aliquote fiscali ridotte sui lavori e sui materiali di ristrutturazione), sistemi di detrazioni fiscali, sistemi di detrazioni in fattura, fondi di garanzia, fondi destinati a ristrutturazioni profonde, fondi destinati alle ristrutturazioni che garantiscono una soglia minima significativa di risparmi energetici mirati e norme relative al portafoglio di mutui ipotecari.

Gli Stati, inoltre, dovranno istituire strutture di assistenza tecnica disponibili in tutto il loro territorio e rivolti a tutti gli operatori coinvolti nella ristrutturazione degli edifici, compresi i proprietari delle abitazioni, gli operatori amministrativi, finanziari ed economici, quali le PMI comprese le microimprese.

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