La Corte di giustizia dell’Unione europea si è di recente espressa su un caso in materia di annunci di riduzione di prezzo che è bene considerare quando si pubblicizzano le offerte, soprattutto per il fatto che si tratta di una disciplina ancora nuova per l’ordinamento italiano.
Prima di vedere da vicino quanto deliberato è il caso di ricordare che la materia è regolata dalla Direttiva 2019/2161 – art.6-bis ed è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n.26 del 7 marzo 2023, il quale ha inserito la regolamentazione degli “annunci di riduzione di prezzo” all’interno del Codice del consumo. Sul sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy sono poi presenti delle FAQ che forniscono un orientamento interpretativo sull’applicazione della disposizione (consultabili QUI).
In particolare, gli annunci di riduzione di prezzo sono “tutti gli annunci – effettuati in ogni canale di distribuzione – che diano l’impressione ai consumatori di trovarsi di fronte a una diminuzione del prezzo di vendita di un determinato bene in uno specifico lasso di tempo, rispetto a quello precedentemente applicato dal venditore” (FAQ.1 – MIMIT).
Il caso
La controversia ha avuto origine da alcuni annunci pubblicitari (apparsi nella settimana dal 17 al 22 ottobre 2022), promossi in Germania da un noto gruppo della GDO, i quali presentavano delle offerte vantaggiose su determinati prodotti alimentari (banane ed ananas). In particolare, la riduzione di prezzo delle banane veniva indicata attraverso una percentuale, mentre la riduzione di prezzo degli ananas veniva evidenziata tramite la dicitura “prezzo sensazionale”; in basso poi veniva inserito un terzo prezzo di riferimento quale prezzo più basso applicato negli ultimi trenta giorni.
In sintesi, gli annunci presentavano tre prezzi differenti: un primo prezzo, quello finale, vantaggioso per i consumatori, un secondo prezzo su cui era stata applicata la riduzione ed, infine, un terzo prezzo che corrispondeva all’ultimo prezzo di vendita.
Un’associazione dei consumatori è ricorsa in giudizio presso il tribunale nazionale sostenendo che la riduzione di prezzo proposta al consumatore deve essere applicata al prezzo precedente, ovvero l’ultimo prezzo più basso praticato negli ultimi trenta giorni precedenti l’applicazione della riduzione, e che, di conseguenza, l’azienda avrebbe erroneamente indicato nella sua pubblicità riduzioni di prezzo sotto forma di percentuale o diciture promozionali su un prezzo differente dal prezzo precedente.
Il giudice nazionale (tedesco) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione due questioni ritenute pregiudiziali alla decisione finale.
Le due questioni riguardano entrambe l’interpretazione dell’articolo 6-bis paragrafo 1 e paragrafo 2 ed in particolare, se la riduzione di prezzo di un prodotto, presentata ad esempio attraverso una percentuale o attraverso una dicitura promozionale debba essere determinata sulla base unicamente del “prezzo precedente”, come sostenuto dall’Associazione ricorrente.
La decisione della Corte
La Corte ha affrontato congiuntamente entrambe le questioni evidenziando due aspetti.
Il primo: è vero che la formulazione dell’articolo 6-bis, paragrafo 1, non consente, di per sé, di stabilire se la riduzione di prezzo contenuta in un annuncio debba essere calcolata sulla base del “prezzo precedente”, ma è allo stesso tempo plausibile che il termine “riduzione”, nel linguaggio corrente, si riferisca a una diminuzione operata su un prezzo precedentemente applicato.
Secondariamente, per la Corte occorre interpretare la disposizione tenendo conto non soltanto del tenore letterale, ma anche, in particolare, degli obiettivi specifici da essa perseguiti e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui detta disposizione fa parte. L’obiettivo della direttiva in cui la norma è inserita è di migliorare l’informazione dei consumatori e agevolare il raffronto dei prezzi di vendita dei prodotti offerti dai professionisti ai consumatori, in modo da permettere a questi ultimi di procedere a scelte consapevoli. Lo stesso vale poi, più nello specifico, per l’articolo 6-bis, il cui obiettivo è di impedire ai professionisti di indurre in errore il consumatore, aumentando il prezzo praticato prima di annunciare una riduzione di prezzo ed esponendo così false riduzioni di prezzo.
La conclusione a cui è giunta la Corte è stata pertanto la seguente: “L’articolo 6 bis, paragrafi 1 e 2, della direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori, come modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, deve essere interpretato nel senso che: esige che una riduzione di prezzo di un prodotto, annunciata da un professionista sotto forma di una percentuale o di una dicitura pubblicitaria diretta a sottolineare il carattere vantaggioso del prezzo annunciato, sia determinata sulla base del «prezzo precedente», ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo”.
Resta fermo che, ad oggi, in Italia, i prodotti agricoli e alimentari deperibili (in cui rientrano banane e ananas) non sono soggetti alla normativa sugli annunci di riduzione di prezzo sulla base della previsione per cui ogni Stato membro può stabilire norme diverse per i beni deperibili (art. 6-bis, paragrafo 3) e della disposizione che ne prevede l’esclusione dalla disciplina (art. 17-bis, comma 3, Codice del consumo).
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