Il divieto di cumulo resta una spina nel fianco per vedove/i, titolari di pensione ai superstiti per i quali continuano ad applicarsi le restrizioni introdotte con la Legge 335 del 1995 (riforma “Dini”). L’Inps ha completato la verifica dei redditi 2014 per stabilire la legittimità delle prestazioni collegate al reddito erogate nel 2015 e sta notificando il risultato agli interessati.
La verifica sulle pensioni di reversibilità ha fatto emergere in alcuni casi debiti per oltre 10mila euro. Se non si tratta di “avvisi pazzi”, i pensionati hanno 30 giorni di tempo dalla notifica dell’Inps per produrre le proprie osservazioni. In mancanza di rettifica, l’Istituto procederà a recuperare l’indebito in 60 rate mensili.
La “riforma Dini” ha previsto per questa prestazione tagli che vanno dal 25% al 50% del trattamento a seconda dei redditi (vedi tabella A). In altre parole se ai coniugi superstiti spetta il 60% della pensione del defunto, tale percentuale scende al 45% se il loro reddito supera di 3 volte l’importo minimo dell’Inps, al 36% con redditi superiori a 4 volte il minimo ed al 30% se si va oltre 5 volte tale livello. Ma se i titolari della pensione di reversibilità sono almeno due (ad esempio, un coniuge con un figlio) l’assegno resta intatto, anche se il reddito di entrambi è molto elevato.
Ma quali redditi contano? Tutti i redditi soggetti all’Irpef con esclusione: dei trattamenti di fine rapporto e delle relative anticipazioni; del reddito della casa di abitazione; delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata e dell’importo della pensione ai superstiti sulla quale dovrebbe essere eventualmente applicata la riduzione.
Tutti i pensionati di reversibilità che hanno ricevuto o stanno ricevendo la lettera con la quale l’Inps effettua il recupero dell’indebito, possono rivolgersi ai nostri uffici del Patronato 50&PiùEnasco - presenti nella sede Confcommercio di Vicenza (via Faccio 38) e in tutte le sedi mandamentali dell’Associazione - per ottenere gratuitamente ogni chiarimento al riguardo e per inoltrare online la domanda di ricostituzione della pensione per “motivi reddituali” e annullare la richiesta dell’Istituto. Naturalmente, andando agli uffici è importante portare con sé tutti i documenti che attestano il possesso dei redditi per gli anni in esame.
L’Inps fa le “pulci’ ai pensionati
Ma le novità dall’Inps non si fermano qui. L’Istituto, da qualche mese, sta inviando una richiesta di restituzione di un importo di pensione pagato e non dovuto pari ad € 154,94 e riferito agli anni 2013 e 2014. È un importo aggiuntivo corrisposto ogni anno a circa un milione di interessati, in base alla Legge n. 388 del 23 Dicembre 2000 (Legge Finanziaria 2001). Ad averne diritto sono i cosiddetti “incapienti” ovvero coloro che, titolari di una prestazione pensionistica il cui importo complessivo annuo è inferiore o pari al trattamento minimo Inps, pur avendo diritto alle detrazioni fiscali, non possono goderne perché il loro importo è superiore alle imposte che dovrebbero pagare.
Per ottenere il “bonus”, il pensionato “single” non deve godere di redditi assoggettabili all’Irpef di importo superiore a una volta e mezza il trattamento minimo. Se il titolare della pensione è coniugato, occorre tener conto dei redditi del coniuge. Esso, poi, viene erogato in via provvisoria in attesa della verifica reddituale che viene effettuata dopo qualche anno, così come sta accadendo al momento per gli anni 2013 e 2014. Per avere diritto all’aumento è necessario verificare due parametri reddituali: l’importo complessivo della pensione comprese eventuali maggiorazioni sociali e il reddito personale o coniugale.
Importi di pensione
Per il 2013 i controlli sulle pensioni hanno considerato i seguenti limiti:
Per il 2014 i limiti di reddito sono stati:
Condizioni reddituali
La legge ha stabilito che l’importo aggiuntivo venga corrisposto dall’Istituto in sede di erogazione della tredicesima mensilità a condizione che il pensionato:
Per gli anni in esame, 2013 e 2014, i limiti di reddito sono stati:
Sono da considerare i redditi assoggettabili all’Irpef , gli stessi previsti per l’integrazione al trattamento minimo.
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