Al fine di arginare la diffusione dei così detti contratti pirata, ossia i contratti collettivi di lavoro stipulati da soggetti (associazioni datoriali e sindacali) non dotati dei requisiti di rappresentatività prescritti dalla legge, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha fornito indicazioni circa le conseguenze della mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, tra i quali rientrano tutti i CCNL sottoscritti da Confcommercio (qualificati come “contratti leader”).
In particolare, la circolare individua alcuni casi specifici nei quali l'applicazione di determinate discipline è subordinata alla sottoscrizione o applicazione di contratti collettivi dotati del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi, e in particolare:
Inoltre, la contrattazione collettiva “leader” è legittimata ad integrare la disciplina normativa di numerosi istituti.
A tal proposito, l'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 stabilisce che, ai fini del rinvio operato dalla legge alla contrattazione collettiva, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Pertanto, ogniqualvolta si rimette alla contrattazione collettiva il compito di integrare la disciplina delle tipologie contrattuali, gli interventi di contratti privi del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi non hanno alcuna efficacia.
Ciò può avvenire, negli esempi forniti dalla nota in esame, in relazione al contratto di lavoro intermittente, al contratto a tempo determinato o a quello di apprendistato.
Quindi, laddove il datore di lavoro abbia applicato una disciplina dettata da un contratto collettivo che non è quello stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, gli effetti derogatori o di integrazione della disciplina normativa non possono trovare applicazione.
Ciò determina la mancata applicazione degli istituti di flessibilità previsti dal ricordato decreto legislativo n. 81 e, a seconda delle ipotesi, anche la trasformazione del rapporto di lavoro in quella che costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, ossia il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
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