Dallo scorso 1° luglio 2018 i datori di lavoro privati (a prescindere dalla forma giuridica) ed i committenti non possono più corrispondere la retribuzione/compenso ai lavoratori (dipendenti, collaboratori e soci di cooperativa), o loro anticipi, per mezzo di denaro contante.
Il divieto di pagamento in contanti
A riguardo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro precisa che l’indennità di trasferta, avendo natura “mista” (risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche), è soggetta al divieto di pagamento in contanti, diversamente dalle somme versate esclusivamente a titolo di rimborso che hanno natura solo restitutoria.
Modalità di pagamento consentite
La retribuzione (o il compenso) deve essere corrisposta ai lavoratori, da parte dei datori di lavoro (o committenti), tramite banca/ufficio postale utilizzando esclusivamente una delle seguenti modalità:
È inoltre necessario che vengano esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione: datore di lavoro che effettua il versamento, lavoratore/beneficiario, data e importo dell’operazione, mese di riferimento della retribuzione.
Regime sanzionatorio
Va ricordato, inoltre, che i datori di lavoro/committenti che violano tale obbligo e che, pertanto, effettuano il pagamento delle retribuzioni/compensi (o loro anticipi) utilizzando denaro contante sono soggetti ad una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro.
Tale sanzione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione e, in caso di pagamenti mensili, trova applicazione per ciascun mese in cui si è verificato l’illecito.
Ad integrazione di quanto sopra, l’INL precisa che, qualora il personale ispettivo riscontri pagamenti in contanti per un importo stipendiale mensile complessivamente pari o superiore a 3.000 euro, si configura, altresì, la violazione dell’art. 49, comma 1, del D.Lgs n. 231/2007 (antiriciclaggio) punita con una sanzione amministrativa da 3.000 a 50.000 euro.
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