Dal 1° luglio scorso i datori di lavoro privati ed i committenti non possono più corrispondere la retribuzione (o anticipazioni) ai lavoratori per mezzo di denaro contante: il pagamento deve avvenire esclusivamente attraverso mezzi tracciati, e cioè tramite una banca o un ufficio postale (riferimento normativo: art. 1, co. da 910 a 914 della L. 27 dicembre 2017, n. 205 - Legge di Bilancio 2018).
Con la Nota n. 9294 del 9 novembre 2018, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha preso in esame il caso in cui gli organi ispettivi abbiano accertato l’impiego di lavoratori in “nero” ed abbiano riscontrato che i medesimi siano stati remunerati in contanti: viene affermato che la sanzione prevista per i pagamenti non effettuati con strumenti tracciabili (art. 1, comma 913, Legge n. 205/2017) può coesistere con la maxisanzione per lavoro “nero” (art. 3, comma 3, DL n. 12/2002).
Specificatamente, l’INL ha chiarito che, oltre alla contestazione della maxisanzione per lavoro “nero”, non può di per sé escludersi l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 1, comma 913, della Legge n. 205/2017 (somma da 1.000 a 5.000 euro), che “in ogni caso discende dal comportamento antigiuridico adottato ed è posta a tutela di interessi non esattamente coincidenti con quelli presidiati dalla c.d. maxisanzione per lavoro “nero”” e, a supporto di tale indirizzo, ha evidenziato che il Legislatore non ha espressamente escluso, come previsto in altri casi, l’applicazione della sanzione in esame in caso di contestazione della maxisanzione.
L’Ispettorato ha infine fatto presente che, in caso di utilizzo di lavoratori in “nero” e di accertata corresponsione giornaliera della retribuzione, si potrebbero configurare tanti illeciti per quante giornate di lavoro in “nero” sono state effettuate.
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