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DIVIETO PAGAMENTO STIPENDI IN CONTANTI

Vanno sempre utilizzati sistemi tracciabili, anche in caso di contratti a chiamata. Il rischio è di pesanti sanzioni

lunedì 25 novembre 2019

Dal 1° luglio 2018 è scattato il divieto di pagamento e il nuovo obbligo, da parte dei datori di lavoro e committenti privati, di pagare le retribuzioni e gli stipendi con modalità e strumenti che escludano il denaro contante.
Nonostante sia passato più di un anno dall’entrata in vigore dell’obbligo del pagamento delle retribuzioni attraverso sistemi tracciabili (bonifico bancario, emissione di assegno - Legge di bilancio 2018. art.1, commi 910-914 della legge 205/2017) sono state riscontrati ancora oggi casi di aziende che effettuano pagamenti in contanti dei lavoratori, soprattutto di quelli con contratti a chiamata o part-time.

Ricordiamo che per il datore di lavoro o committente che viola il divieto di corrispondere le retribuzioni in contanti, è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 5.000.

Sanzione, questa, che non si applica in relazione al numero dei lavoratori interessati dalla violazione, bensì ai mesi violati. Per esempio, se un datore di lavoro viola le norme per 2 mesi, in relazione a 3, lavoratori, dovrà scontare una sanzione pari 3.333,32 euro (1.666,66 * 2).

L’obbligo di effettuare il pagamento dello stipendio con sistemi tracciabili (bonifici o assegni) interessa qualsiasi categoria di lavoratori:
• lavoratore subordinato;
• collaborazioni coordinate e continuative;
• cooperative con i propri soci.

La retribuzione dovrà essere corrisposta attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
• bonifico bancario sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
• emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

Il divieto di retribuzione in contanti prescinde dall’ammontare della retribuzione corrisposta. Non è stata prevista, infatti, una soglia minima retributiva oltra la quale ha effetto il divieto, né la possibilità di frazionare la retribuzione in pagamenti in contanti infra-mensili.

La norma precisa, inoltre, un particolare importante, ossia che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. La sottoscrizione del cedolino serve esclusivamente ad attestare la consegna, ma non rappresenta in alcun modo un’attestazione dell’avvenuto pagamento.

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