Ad oggi in Italia gli “smart workers”, ovvero i lavoratori dipendenti che godono di autonomia nella scelta del luogo e dell’orario di lavoro e di flessibilità nella gestione dell’attività lavorativa, sono ormai circa 570 mila - in aumento del 20% rispetto al 2018. Contrariamente alle aspettative, nel 76% dei casi gli smart workers italiani sono uomini, con un’età compresa tra i 38 e i 58 anni (dati Osservatorio del Politecnico di Milano).
Lo smart working, quale innovativa modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato che prevede la possibilità di svolgere il proprio incarico anche al di fuori della sede aziendale, se da un lato offre al lavoratore la preziosa opportunità di conciliare i tempi di vita familiare e lavorativa, dall’altro risponde all’esigenza delle imprese di innovare la propria organizzazione, migliorando la produttività e sfruttando gli strumenti tecnologici. La prestazione di lavoro “agile” può essere pattuita per mezzo di un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, che avrà ad oggetto le modalità di attivazione e svolgimento della stessa.
L’attività lavorativa viene prestata in parte all’interno dei locali aziendali ed in parte all’esterno, senza una postazione fissa, ma in conformità delle norme di sicurezza e nel rispetto dei criteri di riservatezza, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero o settimanale.
Il primo obiettivo perseguito dall’utilizzo di questo innovativo rapporto di lavoro è il miglioramento dell’equilibrio fra vita privata e professionale del dipendente.
I vantaggi per l’azienda, inoltre, si concretizzano in un maggiore benessere organizzativo, una riduzione dei costi e l’opportunità di divenire maggiormente attrattiva per nuovi possibili candidati.
Sono numerose le grandi aziende che già da qualche anno hanno avviato al loro interno progetti di smart working, con risultati decisamente positivi.
Si registra un aumento anche nelle piccole e medie imprese, nelle quali i progetti strutturati passano dall’8% del 2018 all’attuale 12%, i progetti informali dal 16% al 18% (dati Osservatorio del Politecnico di Milano). Permane, tuttavia, un’elevata percentuale di imprese non interessate al tema o ancora non sufficientemente informate a riguardo.
A frenare l’adozione del lavoro agile da parte delle aziende sono principalmente la mancanza di interesse, le resistenze dei capi, i timori per la sicurezza dei dati e la scarsa digitalizzazione di alcune attività.
Ciò nonostante, un segnale positivo è rappresentato dalla crescita della consapevolezza dei benefici derivanti dai progetti di smart working (dal 52% del 2018 al 73% di quest’anno), segno di una maggiore conoscenza degli effetti positivi ottenuti in tante organizzazioni.
Per quanto attiene alle categorie di lavoratori per le quali lo smart working potrebbe rappresentare un’alternativa concreta e facilmente realizzabile vi sono gli addetti al data entry, i programmatori, gli addetti IT, gli impiegati commerciali, amministrativi, HR e marketing.
Lo scenario descritto appare quindi favorevole a realtà aziendali, anche di piccole dimensioni, attive in diversi settori.
Adottare lo smart working significa per le imprese non solo andare incontro alle necessità dei propri lavoratori, ma anche migliorare l’organizzazione aziendale, rendendola più agile e flessibile, sfruttando al meglio le opportunità offerte dalla tecnologia al fine di ottimizzare le risorse e contenere i costi.
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