L’Istituto di Previdenza Nazionale ha avviato una campagna per recuperare i contributi pensionistici a rischio di prescrizione per tutti i lavoratori dipendenti che, dal 2015, hanno compiuto un’omissione contributiva legata all’errata applicazione del massimale contributivo.
L’INPS ha messo in relazione due dati di per sé strettamente connessi, ma finora rimasti slegati: la contribuzione Ivs “bloccata” al massimale contributivo e la presenza di contributi di qualsiasi genere ante 1996 nelle posizioni assicurative dei soggetti coinvolti.
In questo modo a moltissime aziende del territorio nazionale sono pervenuti avvisi di «Diffida massimale - Tutoraggio aziende Uniemens» che, interrompendo il decorso della prescrizione, quantificano la contribuzione omessa oltre il massimale e applicano in automatico sanzioni (meno onerose) della omissione contributiva (pari a circa il 5,5%), intimando il pagamento entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso.
Secondo quanto stabilito dalla circolare Inps n. 177/1996, per i dipendenti che sono stati assunti dopo il 1995 i datori di lavoro avrebbero dovuto acquisire una dichiarazione del lavoratore sull’esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva anteriori al 1996.
In mancanza di un documento ufficiale di autodichiarazione, tuttavia le aziende spesso hanno utilizzato modelli e/o format scarni e non precisi, che non rendono possibile la ricostruzione di un archivio chiaro di informazioni sullo stato di iscrizione del lavoratore ai fini contributivi. Solamente nel 2009 con la circolare n. 42 dell’Istituto ha chiarito che chi, anche dopo l’assunzione, ottiene l’accredito del servizio militare, il riscatto della laurea, dovrà tempestivamente comunicarlo al datore per permettere l’obbligatoria disapplicazione del massimale dal mese successivo.
La stessa circolare precisa come, ai fini della anzianità contributiva ante 1996, rilevi la contribuzione di qualsiasi tipo versata per lavoro, riscatto o anche all’estero (in stati convenzionati con l’Italia). Quindi le imprese dovranno intervistare i quadri e i dirigenti interessati per verificare la comunicazione fatta all’epoca e rivedere il contenuto con un estratto contributivo aggiornato. Sicuramente si verificheranno problemi gestionali: infatti, l’articolo 23 della legge n. 218/1952 stabilisce che la quota a carico del lavoratore dei contributi deve essere trattenuta unicamente nel mese di scadenza del periodo di paga, non è possibile compierla successivamente; a complicare ulteriormente la situazione è che il responsabile della obbligazione contributiva e delle eventuali sanzioni rimane solamente il datore di lavoro.
Praticamente sarà l’azienda a sostenere integralmente il pagamento nei confronti di Inps, valutando sul piano civilistico se, in presenza di una dichiarazione errata o non aggiornata sulla presenza di contributi ante 1996, addossare in tutto o in parte il carico delle sanzioni ai dirigenti e la stessa quota dei contributi a loro carico (non trattenuta a causa dell’errore).
Si evidenzia che il regime sanzionatorio dell’omissione contributiva è provvisorio; sarà possibile una successiva rideterminazione con l’applicazione dell’evasione contributiva (pari al 30% in ragione d’anno fino a un massimo del 60%).
Si ricorda, in conclusione, che in caso di dolo o mero errore aziendale i periodi anteriori al 2015, ad oggi prescritti, potranno essere richiesti dal dirigente sotto forma di rendita vitalizia o anche come risarcimento del danno pensionistico all’impresa.
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