L’obbligo di assunzione delle persone disabili per i datori di lavoro pubblici e privati è sancito dalla legge n. 68 del 1999, la quale stabilisce che “[…] agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato”. La medesima disposizione individua altresì espressamente le categorie di lavoratori non computabili ai fini del calcolo della quota di riserva, facendo salve peraltro le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore. Ma i lavoratori in smart working si computano?
L’istanza di interpello (Ministero del Lavoro Interpello n. 3/2021) formulata prende le mosse dalla previsione contenuta nell’articolo 23 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, che sancisce l’esclusione dei “lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti”. Si tratta a ben vedere di una previsione di carattere generale dalla quale scaturisce, ai fini delle assunzioni obbligatorie, l’esclusione dalla base di computo dei lavoratori ammessi al telelavoro per l’intero orario di lavoro, ovvero un’esclusione proporzionale all’orario svolto in telelavoro rapportato al tempo pieno, nell’ipotesi in cui essi siano ammessi al telelavoro solo parzialmente.
Il ministero del Lavoro ritiene però che questa esclusione non si possa applicare in via analogica allo smart working, essendo la stessa vincolata alla sussistenza di specifiche condizioni di legge: il Ministero ritiene significativo il fatto che, al di là delle possibili analogie e differenze tra i due istituti richiamati, non si rinviene nella legge n. 81/2017 (istitutiva dello smart working) una disposizione analoga a quella contenuta nell’articolo 23 sopra menzionato, che escluda espressamente i lavoratori agili dall’organico aziendale, per qualsivoglia finalità. “Peraltro, i casi di esclusione contemplati dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 68/1999, avendo carattere tassativo, non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva. Tale tassatività è stata sancita dalla Corte di Cassazione con sentenza del 4 febbraio 2016 n. 2210, nella quale – a conferma della decisione assunta dalla Corte d’Appello – si afferma, peraltro, che, in materia di determinazione della quota di riserva ai fini delle assunzioni obbligatorie, le disposizioni della legge n. 68/1999, in quanto lex specialis “avente ad oggetto la protezione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro”, prevalgono su quelle di carattere generale”.
Il Ministero argomenta pertanto che, laddove fosse ritenuta possibile l’esclusione dal computo dell’organico aziendale dei lavoratori in smart working, in assenza di un’espressa previsione in tal senso all’interno dell’ordinamento, risulterebbe di fatto pregiudicata in modo significativo la logica inclusiva della normativa speciale sulle assunzioni obbligatorie. “Si evidenzia, infine, che l’inserimento “a pieno titolo” dei lavoratori agili nell’organico aziendale appare suffragato da una ricostruzione sistematica della normativa vigente sui criteri di computo dell’organico aziendale in ambiti applicativi diversi da quello delle assunzioni obbligatorie, come ad esempio in materia di integrazione salariale (a titolo esemplificativo si veda l’articolo 20 del d.lgs. n. 148/2015 per l’erogazione del trattamento CIGS), che non escludono espressamente tale categoria di lavoratori ai fini della determinazione dei limiti numerici.”
Sulla base delle argomentazioni sopra esposte, il Ministero ritiene pertanto che i lavoratori agili non possano essere esclusi dal computo per la determinazione della quota di riserva.
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