Il Ministero del Lavoro, in una recente e attesa circolare (9 ottobre 2023, n. 9), ha illustrato le novità per quanto concerne la disciplina dei contratti a termine. La circolare, della quale diamo di seguito conto, fornisce dunque le “prime indicazioni”, peraltro condivise con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
La “portata” del DL n. 48/2023
Il Ministero precisa fin da subito che le nuove disposizioni di cui all’articolo 24 modificano la disciplina già prima contenuta negli articoli da 19 a 29 (si tratta del Capo III) del D.Lgs 15 giugno 2015, n. 81, ai quali va fatto comunque riferimento. A tale riguardo, prima ancora di parlare delle novità, va precisato che nulla muta in relazione a quanto indicato nella tabella che segue.
Cosa non cambia
Art. 19, co. 2
Salvo diversa previsione del contratto collettivo, la durata massima per sommatoria di tutti i rapporti a termine (per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale) non deve superare i 24 mesi
Art. 19, co. 3
Contratto in deroga presso l’ITL per una durata massima di 12 mesi
Art. 21, co. 1
Massimo di 4 proroghe nell’arco dei 24 mesi
Art. 21, co. 2
Stop and go tra due rinnovi successive (salvo deroga del contratto collettivo)
Le nuove “causali”
Condizioni, causali, esigenze, a prescindere da come le si voglia chiamare, rappresentano sempre uno degli elementi “di rischio” quando si stipula, si proroga o si rinnova un contratto a termine (ovviamente, nei soli casi in cui vanno indicate). Va detto però che la nuova formulazione dell’art. 19, co. 1, del D.Lgs n. 81/2015 meglio si presta a essere gestita dalle parti collettive e individuali (in quest’ultimo caso, però, solamente fino al 30 aprile 2024). Per un colpo d’occhio sulla disciplina ante e post DL n. 48/2023, si veda la tabella che segue.
Fino al 4 maggio 2023 | Dal 5 maggio 2023 |
a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria; b- bis) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all'articolo 51. |
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 513; b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori. |
Come precisa la circolare, le nuove lettere a) e b) valorizzano il ruolo della contrattazione collettiva nell’individuare i casi che consentono di apporre al contratto un termine superiore ai 12 mesi (fermi i 24 mesi in tutto e una diversa disciplina prevista dalla contrattazione collettiva).
Ma quali sono i “contratti collettivi” che possono intervenire in materia?
Al primo posto, senza dubbio alcuno, sempre quelli di cui all’art. 51 del D.Lgs n. 81/2015, e quindi quelli:
a) nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
b) aziendali stipulati dalle RSA delle suddette associazioni, ovvero dalla RSU.
Se tali contratti non hanno ancora disciplinato le causali, queste “possono essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità”.
Qui il testo parrebbe sgombrare il campo da dubbi circa ilpossibile intervento - sempre e solo in subordine ai contratti collettivi ex art. 51 - degli “altri” contratticollettivi applicati in azienda: non va però dimenticato il dibattito che si era sviluppato sul tema, conprotagonisti, oltre che alcuni autorevoli commentatori, anche lo stesso INL.
Da ultima, proprio in ordine per così dire “gerarchico” - nel senso che non vi deve essere la presenza di alcuna regolamentazione di tipo collettivo - viene la possibilità di un intervento diretto da parte del singolo datore e dipendente: alla loro libera volontà è quindi rimessa la possibilità di individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, che giustificano l’apposizione di un termine al contratto oltre il 12° mese (ma sempre entro i 24).
Attenzione però: le parti individuali possono avvalersi solo pro tempore di tale possibilità, entro il 30 aprile 2024, data da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, quindi, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.
Come fare se il contratto collettivo… | |
Rimanda alle causali introdotte dal DL 12 luglio 2018, n. 876 (Decreto Dignità) |
Esse si intendono implicitamente superate dalla nuova disciplina introdotta dal DL 4 maggio 2023, n. 48, con conseguente possibilità di ricorso ai contratti collettivi applicati in azienda o, solo fino al 30 aprile 2024, all’esercizio dell’autonomia delle parti del contratto individuale di lavoro, secondo la nuova lettera b) dell’articolo 19, co. 1, del D.Lgs n. 81/2015. Rimanda all’art. 19, co. 1, del D.Lgs n. 81/2015. |
Rimanda all’art. 19, co. 1, del D.Lgs n. 81/2015 fino al 4 maggio 2023 |
Se nei contratti collettivi sono previste causali introdotte in attuazione dell’art. 19, co. 1, lettera b-bis (specifiche esigenze previste dai contratti collettivi ex art. 51), data la sostanziale identità di tale previsione con le specifiche esigenze previste dai contratti collettivi ex art. 51 di cui al nuovo art. 19, co. 1, lett. a), tali condizioni potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo. |
Ha comunque previsto le causali |
Rimangono utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva (come definita dall’art. 51 del D.Lgs n. 81/2015) che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino a un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata dalla riforma in esame. |
Contratto a termine “per sostituzione”
Le precedenti “esigenze di sostituzione di altri lavoratori” sono ora identificate come “sostituzione di altri lavoratori”: a tale riguardo poco o nulla cambia e, comunque, tale ipotesi, se ben governata, è una di quelle più “tranquille” da gestire.
Avendo già esaminato tale fattispecie, ci limiteremo a evidenziare la necessità di non “sforare” i limiti di durata, altresì precisando nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione. Come già in precedenza, per il Ministero, l’individuazione delle ragioni della sostituzione appare ancora più necessaria nei casi in cui il datore di lavoro intenda avvalersi dei benefici previsti dalla legge per specifiche ipotesi di assunzione per sostituzione.
Proroghe e rinnovi
A tale riguardo le precisazioni del Ministero sono molto importanti: per distinguere tra proroga e rinnovo, il Ministero ritiene che debba farsi ancora riferimento a quanto già evidenziato secondo cui “la proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo a un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto. Si ricade altresì nell’ipotesi del rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto”.
Al netto di ciò, nei primi 12 mesi di contratto, proroghe erinnovi possono essere concordati liberamente, ossia senza alcun obbligo di indicare la relativacausale (dopo i primi 12 mesi, invece, la causale ci vuole)
Ed ecco un’altra novità: in sostanza, in base all’art. 24, co. 1-ter17, del DL n.48/2023, ai fini del computo del termine di 12 mesi previsto dall’art. 19, co. 1, e dall’art. 21, co. 01,del D.Lgs n. 81/2015, come modificati dai co. 1 e 1-bis, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del DL ossia, solo di quelli stipulati dal 5 maggio 2023.
Quindi, come si era intuito, è stata introdotta “una previsione che ha l’effetto di consentire ulteriori contratti a termine privi di causale per la durata massima di 12 mesi, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore prima dell’entrata in vigore del DL n. 48/2023”.
In pratica, ai fini del raggiungimento del limite di 12 mesi (previsto dagli artt. 19, co. 1, e 21, co. 01 del D.Lgs n. 81/2015), si tiene conto solo dei contratti stipulati dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del DL n. 48/2023.
Ne consegue che eventuali rapporti a termine intercorsi tra le stesse parti in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio non concorrono al raggiungimento del termine di 12 mesi entro il quale è consentito liberamente il ricorso al contratto a termine. In buona sostanza, “si riparte da zero” (fermo ovviamente il limite di durata complessivo di 24 mesi).
Ancora più chiaramente, a decorrere dal 5 maggio 2023 i datori possono liberamente ricorrere al contratto a termine per un ulteriore periodo (massimo) di 12 mesi, senza necessità di indicare le condizioni di cui all’art. 19, co. 1, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra loro in forza di contratti (intesi anche come proroghe e rinnovi) stipulati fino al 4 maggio 2023.
Proroghe e rinnovi: questa la nuova disciplina dal 5 maggio 2023
Tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 le parti hanno già rinnovato o prorogato un rapporto a termine per 6 mesi | Le stesse parti possono fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo non superiore a 6 mesi “senza condizioni” |
Dal 5 maggio 2023 è scaduto un contratto a termine stipulato prima di tale data | Tale contratto può essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori 12 mesi. La circolare non affronta direttamente anche il nodo del numero massimo delle proroghe ammesse, ma si ritiene che queste rimangano comunque 4 nell’arco degli ultimi 24 mesi: non si azzera, dunque, anche questo limite. |
Somministrazione
Da ultimo, almeno un cenno merita l’art. 24, co. 1-quater, del DL n. 48/2023. Nello specifico all’art. 31, co. 1, del D.Lgs 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al primo periodo, dopo le parole: “il numero dei lavoratori somministrati con contratto di
somministrazione di lavoro a tempo indeterminato”, sono inserite le seguenti: “esclusi i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato”;
b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: “È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo indeterminato di lavoratori di cui all’articolo 8, co. 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’art. 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro”19.
In estrema sintesi vale quanto segue:
Proprio con riguardo ai lavoratori di cui appena sopra, quindi, oggi tra somministrazione a termine e a tempo indeterminato la disciplina è identica.
Considerazioni conclusive
Al netto dell’indicazione finale del Ministero, per cui la Circolare 31 ottobre 2018, n. 17, adottata dopo l’entrata in vigore del DL 12 luglio 2018, n. 87, continua ad applicarsi per le parti non incompatibili con le nuove norme del DL n. 48/2023 e con gli orientamenti visti sin qui, è ora auspicabile (in attesa delle prime pronunce in materia) che la disciplina complessiva del contratto a termine non venga ulteriormente modificata, se non (per esempio), eliminando le causali per garantire certezza giuridica.
ATTENZIONE: La notizia è riferita alla data di pubblicazione dell'articolo indicata in alto, sotto il titolo. Le informazioni contenute possono pertanto, nel corso del tempo, subire delle variazioni non riportate in questa pagina, ma in comunicazioni successive o non essere più attuali.