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IMPIANTI DI VIDEOSORVEGLIANZA E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Le domande più frequenti e le risposte che il Garante ha pubblicato sul proprio sito web

martedì 22 dicembre 2020

Il datore di lavoro che intenda installare sistemi di videosorveglianza presso le sedi di lavoro – in assenza di specifico accordo con le organizzazioni sindacali (se presenti in azienda) - dovrà essere in possesso di relativa autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente, secondo quanto stabilito all’art. 4 della Legge 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori), il quale prevede che impianti audiovisivi, e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale.

Riportiamo di seguito alcune delle risposte alle domande più rilevanti sul tema, che il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato nella sezione FAQ del proprio sito web, che fanno riferimento al Regolamento EU n. 2016/679 e alle Linee Guida adottate in tema di videosorveglianza dal Comitato Europeo per la protezione dei dati.

1) Quali sono le regole da rispettare per installare sistemi di videosorveglianza?
L’installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
È bene ricordare, inoltre, che il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha adottato le “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” allo scopo di fornire indicazioni sull’applicazione del Regolamento in relazione al trattamento di dati personali attraverso dispositivi video, inclusa la videosorveglianza.

2) Occorre avere una autorizzazione da parte del Garante per installare le telecamere?
No. Non è prevista alcuna autorizzazione da parte del Garante per installare tali sistemi. In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, par. 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento (un’azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio…) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento.

3) Le persone che transitano nelle aree videosorvegliate devono essere informate della presenza delle telecamere?
Sì. Gli interessati devono sempre essere informati (ex art. 13 del Regolamento) che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (ad esempio, concerti, manifestazioni sportive) e a prescindere dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o un soggetto privato.

4) In che modo si fornisce l’informativa agli interessati?
L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato (anche un semplice cartello, come quello realizzato dall’EDPB), che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita.
Il modello può essere adattato a varie circostanze (presenza di più telecamere, vastità dell’area oggetto di rilevamento o modalità delle riprese). L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. Non è necessario rivelare la precisa ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del  Regolamento, indicando come e dove trovarlo (ad esempio sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).

5) Quali sono i tempi dell’eventuale conservazione delle immagini registrate?
Le immagini registrate non possono essere conservate più a lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono acquisite (art. 5, paragrafo 1, lett. c) ed e), del Regolamento). In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, paragrafo 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Ciò salvo che specifiche norme di legge non prevedano espressamente determinati tempi di conservazione dei dati (si veda, ad esempio, l’art. 6, co. 8, del D.L. 23/02/2009, n. 11, ai sensi del quale, nell’ambito dell’utilizzo da parte dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana, “la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla
rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”).
In via generale, gli scopi legittimi della videosorveglianza sono spesso la sicurezza e la protezione del patrimonio.
Solitamente è possibile individuare eventuali danni entro uno o due giorni. Tenendo conto dei principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione, i dati personali dovrebbero essere – nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici) – cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione.
Ad esempio, normalmente il titolare di un piccolo esercizio commerciale si accorgerebbe di eventuali atti vandalici il giorno stesso in cui si verificassero. Un periodo di conservazione di 24 ore è quindi sufficiente. La chiusura nei fine settimana o in periodi festivi più lunghi potrebbe tuttavia giustificare un periodo di conservazione più prolungato.

6) È possibile prolungare i tempi di conservazione delle immagini?
In alcuni casi può essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini inizialmente fissati dal titolare o previsti dalla legge: ad esempio, nel caso in cui tale prolungamento si renda necessario per dare seguito ad una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso.

7) Il datore di lavoro, pubblico o privato, può installare un sistema di videosorveglianza nelle sedi di lavoro?
Sì, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970).
Con riferimento all’ultima domanda va ricordato nuovamente che il datore di lavoro che intenda installare sistemi di videosorveglianza presso le sedi di lavoro – in assenza di specifico accordo con le organizzazioni sindacali (se presenti in azienda) - dovrà essere in possesso di relativa autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente, secondo quanto stabilito all’art. 4 della Legge 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori), il quale prevede che impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale.

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