Ai sensi dell’art. 2118 c.c. è noto che: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti (dalle norme corporative), dagli usi o secondo equità.
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”.
Nello specifico:
Il tutto salvo casi specifici non oggetto della presente questione.
Pertanto, durante il periodo di preavviso, di regola, il lavoratore deve continuare a prestare la sua attività lavorativa, conservando tutti gli obblighi e i diritti che derivano dal contratto di lavoro.
Il fine è, rispettivamente, il seguente: in caso di dimissioni permettere al datore di lavoro di avere un lasso di tempo in cui cercare un sostituto del lavoratore dimesso; mentre in caso di licenziamento lasciare al lavoratore una finestra di tempo in cui trovare un’altra occupazione.
Che periodo va preso come riferimento per il calcolo dell’indennità sostitutiva di preavviso?
Di regola, qualora il periodo di preavviso non venisse rispettato, il recedente (ovvero il lavoratore in caso di dimissioni o il datore in caso di licenziamento) dovrà corrispondere all’altra parte la cosiddetta “indennità sostitutiva di preavviso”, pari all’importo della retribuzione che sarebbe spettata al dipendente per i periodi di lavoro tra la data di ricevimento della comunicazione di dimissioni o licenziamento e l’ultimo giorno in azienda, compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità se previste. Cioè la retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato durante i giorni di preavviso.
La retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità sostitutiva di preavviso è quella normalmente spettante al lavoratore al momento in cui la parte decide di interrompere il rapporto di lavoro, oppure quella indicata dai CCNL. Il CCNL Terziario, ad esempio, fa riferimento alla retribuzione di fatto ex art. 208.
Dunque, se normalmente è certo che il periodo da prendere come riferimento per il calcolo dell’indennità sostitutiva di preavviso sia quello tra la data di dimissioni/licenziamento e la data dell’ultimo giorno di lavoro, vi sono tre casistiche particolari in cui è bene fare delle precisazioni, ovvero i casi di decesso del dipendente, dimissioni durante la maternità o paternità e le dimissioni per giusta causa.
A dare lumi al riguardo ci ha pensato la Direzione centrale Politiche del lavoro e Welfare, rispondendo in data 8 maggio 2023 al quesito posto da Confcommercio Imprese per l’Italia – Vicenza.
Vediamo nel dettaglio le tre casistiche particolari:
In caso di decesso del dipendente, il CCNL Terziario, all’art. 252, prevede che il trattamento di fine rapporto e l’indennità sostitutiva del preavviso saranno corrisposti agli aventi diritto secondo le disposizioni di legge vigenti in materia.
Per quanto concerne l’indennità sostitutiva di preavviso, va ricordato che il CCNL, all’art. 248, stabilisce che, ai sensi del secondo comma dell’art. 2118 c.c., con essa si intende la retribuzione di fatto corrispondente al periodo di cui all’art. 247 del CCNL (termini di preavviso in caso di licenziamento), comprensiva dei ratei di 13° e 14° mensilità.
Pertanto, da ciò ne consegue che, in caso di decesso del dipendente, l’indennità sostitutiva di preavviso dovrà essere riconosciuta sulla base del periodo corrispondente al livello di inquadramento previsto all’art. 247 del CCNL.
Per le dimissioni intercorse durante il periodo di gravidanza – dall’inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino – l’art. 55 del d.lgs. n. 151/2001 stabilisce che la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
A sostegno di quanto già previsto per legge, l’art. 200 del CCNL stabilisce che “nel caso di dimissione presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento la lavoratrice ha diritto al trattamento di fine rapporto e ad un’indennità pari a quella spettante in caso di preavviso secondo le modalità previste dall’art. 248. Le dimissioni dovranno altresì essere convalidate presso l’Ispettorato del Lavoro. La disposizione di cui al comma che precede si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità”.
Pertanto, come detto, al lavoratore padre e alla lavoratrice madre dimissionari durante il periodo “protetto”, va riconosciuta l’indennità sostitutiva di preavviso stabilità all’art. 248 del CCNL, ovvero quella prevista in caso di licenziamento di cui all’art. 247.
In caso di dimissioni per giusta causa, l’art. 2119 c.c. stabilisce che al lavoratore dimissionario compete l’indennità di cui al secondo comma dell’art. 2118 c.c.
Inoltre, a sostegno di quanto già previsto per legge, l’art. 242 del CCNL stabilisce che al lavoratore che recede per giusta causa compete l’indennità di cui all’art. 248 del CCNL.
Per le ragioni già rappresentate nei paragrafi precedenti, anche in tal caso, si ritiene che il periodo di riferimento per il computo dell’indennità sostitutiva di preavviso sia quello previsto all’art. 247 del CCNL.
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