Il Governo e le parti sociali hanno definito un protocollo, integrativo alle disposizioni di legge, che traccia le linee guida per contratti nazionali, territoriali o aziendali in materia di smart working. La firma dell’accordo è avvenuta il 7 dicembre e il protocollo ha lo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato le linee guida con cui disciplinare, nella contrattazione collettiva, il lavoro agile.
L’impulso è partito dal Ministero del Lavoro che, dopo uno studio condotto un gruppo di esperti denominato “Lavoro agile”, ha esaminato gli effetti dello svolgimento dell’attività di lavoro in modalità smart, con l’obiettivo di individuare e proporre alle Parti sociali possibili soluzioni e nuovi obiettivi che tenessero conto dell’esperienza realizzata nel lungo periodo di lavoro da remoto imposto dalla pandemia. Un primo dato emerso dall’indagine è che il ricorso al lavoro agile è più che raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico e che, dopo una prima fase di adattamento, lo stesso sia diventato un tassello sempre più strutturale dell’organizzazione del lavoro e come, attraverso di esso, sia stato possibile migliorare il benessere della persona e l’organizzazione aziendale.
Cosa prevede l’accordo
La bozza dell’accordo era già stata diffusa nei giorni scorsi, in 16 articoli si dipanano una serie di punti fermi, già nella maggior parte dei casi previsti dalla legge, che le parti dovranno tenere presenti nel recepire lo stesso nella contrattazione collettiva. Il primo passaggio cruciale, a invarianza di legislazione, è proprio questo. La legge n. 81 del 2017 non ha previsto nessuna mediazione sindacale rispetto all’attivazione di accordi di smart working, che sono lasciati alla volontà delle parti individuali.
Naturalmente non esiste alcun divieto rispetto ad un intervento delle parti sociali che, pertanto, risulta pienamente legittimo.
Ardita appare, invece, l’affermazione, inserita nelle premesse dell’accordo secondo il quale “È necessario, altresì, ferme restando le previsioni di legge, valorizzare la contrattazione collettiva quale fonte privilegiata di regolamentazione dello svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile”. Se restano ferme le previsioni di legge la fonte privilegiata di regolamentazione dell’istituto resta l’accordo individuale.
I punti di principale attenzione del protocollo sono:
- accordo individuale;
- organizzazione del lavoro agile e regolazione della disconnessione;
- luogo di lavoro;
- strumenti di lavoro;
- salute e sicurezza sul lavoro;
- infortuni e malattie professionali;
- diritti sindacali;
- parità di trattamento e pari opportunità;
- lavoratori fragili e disabili;
- welfare e inclusività;
- protezione dei dati personali e riservatezza;
- formazione e informazione;
- osservatorio bilaterale di monitoraggio;
- incentivo alla contrattazione collettiva;
Come si aderisce
L’adesione al lavoro agile avviene su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso ivi previsto.
L’eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare. L’istituto del lavoro agile differisce dal telelavoro cui continua ad applicarsi la vigente disciplina normativa e contrattuale, ove prevista.
Nel protocollo viene abbandonata la nozione di orario di lavoro, e quindi di lavoro straordinario nei periodi di smart working e viene definita la possibilità di articolare la giornata di lavoro agile in fasce orarie. Infatti, la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati, nonché nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal datore di lavoro.
Permane l’obbligo di individuare sempre, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non deve erogare alcuna prestazione lavorativa. Il datore di lavoro dovrà adottare specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione. Già molti sistemi aziendali bloccano le attività dopo determinate fasce orarie, non consentendo comunicazioni in entrata e in uscita nel rispetto del periodo di riposo giornaliero o settimanale del lavoratore. Sarà sempre possibile per il lavoratore sospendere la prestazione lavorativa fruendo di permessi.
Nessuna precisazione sulle indicazioni formulate dal Legislatore nel 2017 circa la possibilità di stabilire forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi.
Il lavoratore è libero di individuare il luogo ove svolgere la prestazione in modalità agile, purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire condizioni di sicurezza e riservatezza. Il protocollo evidenzia come la contrattazione collettiva possa individuare i luoghi inidonei per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.
Riprendendo una consuetudine dettata dallo “smart working emergenziale” il protocollo indica come, il datore di lavoro, salvo diversi accordi e di norma, fornisca la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione. Quel “salvo accordi diversi e di norma” lascia intendere che il lavoratore possa anche usare apparecchiature personali. Se il punto era pienamente condivisibile ai tempi dei DPCM del presidente Conte che individuarono nello smart working una forma lavorativa utile a contrastare la diffusione della pandemia, lo appare molto meno oggi. In epoca in cui gli attacchi informatici sono all’ordine del giorno l’uso di dispositivi personali pone a grande rischio l’incolumità dei dati gestiti. La disposizione, infatti, pur prevedendo che anche i pc personali siano protetti contro rischi informatici, pone seri problemi proprio in tema di cybersicurity.
Restano confermati gli obblighi del datore di lavoro, già previsti dalla legge, in tema di salute e sicurezza, di formazione e di informazione, di divieto di discriminazione.
Viene anche ribadita dalle parti sociali la richiesta di favorire l’utilizzo corretto del lavoro agile, anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello, in attuazione del Protocollo. Anche il Legislatore aveva previsto nel 2017 la possibilità di incentivi fiscali e contributivi a favore dello smart working, ma solo se lo stesso avesse permesso incrementi di produttività ed efficienza.
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