Come si ricorderà, il divieto di licenziamento per motivi economici introdotto dall’art. 46 del decreto 18/2020 per un periodo di 60 giorni, è stato successivamente prorogato a 5 mesi complessivi dal “Decreto Rilancio”.
La norma, con lo scopo principale di salvaguardare i livelli occupazionali, prevede la sospensione sino al 17 agosto 2020:
1) delle procedure di licenziamento collettivo avviate successivamente al 23 febbraio 2020;
2) dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
La sospensione dei recessi in tempo di pandemia trova un solo precedente nel decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 523 dei primissimi mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale: la sua giustificazione costituzionale potrebbe venir trovata nell’art. 38 che prescrive di assicurare i lavoratori contro la disoccupazione involontaria. In effetti gli ammortizzatori “speciali” COVID, diversamente da quelli tradizionali, si pongono quasi come una alternativa “in costanza di rapporto di lavoro” alla indennità di disoccupazione.
Va detto che la proroga della sospensione dei licenziamenti sino alla data del 17 agosto 2020 (che potrebbe anche essere portata oltre, secondo le dichiarazioni di alcuni Ministri), se non accompagnato da un prolungamento per un uguale periodo della Cassa integrazione speciale COVID, rischia di creare una forte sofferenza per i datori di lavoro, già duramente provati dalla crisi. In tal caso, infatti, i costi della “sospensione dei licenziamenti” verrebbero a gravare sul datore di lavoro che ha necessità di procedere a licenziamenti allo scopo di riorganizzarsi, o che ha deciso (e purtroppo, i casi non mancano) di cessare la propria attività.
Se la sospensione dei licenziamenti dovesse venir prolungata senza che di pari passo si garantisca una modalità adeguata di sostegno del reddito per i lavoratori in esubero, si potrà verificare che qualche datore di lavoro in difficoltà incorra in crisi di impresa (procedure concorsuali, fallimento, concordato preventivo, ecc.). Questo, oltre ad impoverire il tessuto economico e a provocare, di conseguenza, difficoltà anche ad altre aziende, finirebbe comunque per gravare sull’INPS per le prestazioni del Fondo di garanzia, che risponde delle ultime tre mensilità e del trattamento di fine rapporto in caso di insolvenza del datore di lavoro.
Per questo Confcommercio si sta battendo perché gli ammortizzatori sociali COVID abbiano una durata non inferiore a quella della sospensione dei licenziamenti.
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