• Home 
  • Territorio 
  • Mandamento di Valdagno 

RECOARO “SCALPITA” PER LA CHIAMATA DI MARZO 2024

Il 25 febbraio torna, per la 23^ edizione, la tradizionale sfilata di carri e figuranti. Si rivive l’antica cultura contadina, rurale e cimbra della Conca di Smeraldo

venerdì 23 febbraio 2024
Un'immagine delle passate edizioni della Chiamata (fonte sito chiamatadimarzo.com) Un'immagine delle passate edizioni della Chiamata (fonte sito chiamatadimarzo.com)

Sono oltre 70, tra carri e gruppi di figuranti, i soggetti che sfileranno per le vie del centro di Recoaro Terme il prossimo 25 febbraio dalle 14.00: è il ritorno della Chiamata di Marzo, il tradizionale evento biennale che si tiene nell’ultimo fine settimana di febbraio per rivivere antichi mestieri, personaggi, usanze e leggende della cultura contadina, rurale e cimbra che da sempre impregna il territorio della Conca di Smeraldo.

Per il suo valore, la Chiamata di Marzo è riconosciuta Manifestazione di interesse locale dalla Regione Veneto.

La 23^ edizione è forse la più attesa di sempre. L’ultima manifestazione si era infatti tenuta nel 2018, poi l’annullamento all’ultimo minuto dell’edizione 2020 a causa dell’esplosione della pandemia da Covid19 e, per effetto delle limitazioni dettate dall’emergenza, la mancata organizzazione anche della successiva edizione 2022.

“Da sempre la Chiamata di Marzo è l’Evento per antonomasia a Recoaro Terme - spiega il Sindaco Armando Cunegato - in grado di attirare in paese migliaia di visitatori. L’organizzazione ha dato il meglio anche in questa occasione e sono convinto che potremo offrire un’esperienza unica, tra cultura, sapori e anche sano divertimento. Quella che accoglierà i partecipanti e i visitatori è una Recoaro in fermento che vuole mostrare il proprio impegno verso un rilancio dell’attrattività e accoglienza. Il 2024 sarà anche un anno strategico per l’avvio dei diversi cantieri PNRR, dal compendio al nuovo teatro, dal municipio al Caffè Nazionale, passando per la riqualificazione di Viale Roma, già iniziata. Il messaggio è chiaro: serve nuova fiducia perché la volontà di un rilancio concreto c’è.”

“I mesi e le settimane precedenti alla Chiamata di Marzo sono per tutti un periodo di fervente attività - è il commento del Presidente dell’Associazione Ciamar Marso, Giorgio Bevilacqua - i gruppi e i relativi capicarro iniziano ad assemblare i carri, a recuperare i materiali, a preparare gli abiti d’epoca per la sfilata e, di conseguenza, a far entrare l’intero paese nel clima di unione e condivisione che caratterizza la Chiamata di Marzo. Per questa edizione gli incontri tenuti con i capicarro sono stati particolarmente importanti per far fronte alle nuove disposizioni in materia di sicurezza. Tra gli ospiti che parteciperanno quest’anno ci fa piacere avere la delegazione di Neustad an der Donau, comune bavarese con cui Recoaro Terme è gemellato, ma non mancheranno anche altri gruppi dal Veneto.”

"In questa edizione –  afferma l’Assessore alla Cultura, Cristina Camposilvan - va sottolineata anche la collaborazione con tutte le nostre scuole, dal Nido Margherita all'Artusi. In particolare all'Alberghiero sono state coinvolte due classi i cui studenti e studentesse, da oggi e a rotazione, saranno impegnati in sostegno dell'ufficio turistico per gestire informazioni e accoglienza. Come Comune abbiamo inoltre programmato l'apertura delle nostre collezioni, dei musei e della chiesa arcipretale con la possibilità di visita guidata."

Tutte le informazioni sul programma nel sito easyvi.it.

 

La tradizione e la storia

L’origine della Chiamata di Marzo come manifestazione non è certa, ma se ne ha traccia fin dal finire dell’800.

Dopo una lunga pausa da attribuire prevalentemente alle due guerre mondiali, è nel 1979 che per la prima volta l’Amministrazione Comunale recoarese pensa ad un vero e proprio Comitato organizzatore che proprio domenica 25 febbraio 1979 per la prima volte fece sfilare una trentina tra carri e gruppi in costume. La manifestazione, che si prefigurava l’obiettivo di far conoscere la cultura locale, attraverso le tradizioni contadine, i mestieri, le azioni della vita quotidiana d’un tempo delle genti di montagna e anche le usanze e leggende delle popolazione cimbre, si tiene ancora oggi a cadenza biennale.

Per la gente di montagna la fine di febbraio ha sempre rappresentato un momento di gioia: si tornava ad uscire dopo i mesi freddi, si tornava alla socialità e alla vita di boschi, pascoli e campi. Mano a mano che neve e ghiaccio si scioglievano riprendevano anche i collegamenti con il centro del paese. Ecco allora che nell’ultimo giorno del mese, verso l'imbrunire, dopo essersi radunati a frotte nelle loro contrade, centinaia di pastori, mandriani, contadini, e le loro famiglie scendevano in paese, abbigliati con fogge e costumi stravaganti, in corteo compatto tra un frastuono indiavolato.

Ornamenti fatti di rami e fronde, abiti vecchi dai colori vari e vivaci, stelle alpine sul cappello alla montanara costituivano l'abbigliamento maschile, mentre le contadinelle e le montanare indossavano gli abiti migliori, adorne di trine, merletti e dei primi fiori. E in mezzo al grande, allegro corteo non potevano mancare gli animali: somarelli riccamente adornati e infiorati, buoi, capre e perfino conigli e galline, che insieme agli uomini avevano condiviso i lunghi giorni dell'isolamento invernale. Tutti si ritrovavano nella piazza con i propri attrezzi di lavoro, i propri armenti e con ogni possibile arnese trasportabile.

Alla testa della folla sfilavano per primi i cacciatori, armati di vecchi archibugi con i quali più tardi, mentre si intrecciavano le danze, salutavano a salve l'arrivo di marzo. Il corno, il "rècubele" e le "snatare" completavano il gaio frastuono, mentre i bambini agitavano campanelli (le "ciochète") e le campane suonavano a festa. I gruppi intonavano le "cante" e qualcuno si esibiva in giochi di abilità e acrobazia. Dopo il tramonto veniva acceso il falò sul quale bruciava "l'inverno", rappresentato da una sagoma di paglia.

Le probabili origini della festa sono assai remote. Fin dagli antichi Greci sappiamo che si celebrava con feste e con canti la nascita di Venere, che cadeva appunto nel mese di marzo: come dire il sorgere dell'amore, il risveglio dell'uomo e della natura dalle cupe ombre in cui li aveva avvolti l'inverno. Per i Romani le Calendie Marzie segnavano addirittura l'inizio dell'anno e appunto in marzo erano tenute le grandi assemblee generali.

Il fatto che questa tradizione sia passata di generazione in generazione, di popolo in popolo, riuscendo in qualche modo a sopravvivere fino ai nostri giorni, è testimonianza di quanto radicata, spontanea ed intimamente sentita sia l'usanza di "Chiamare Marzo" nella storia della gente recoarese, anche in tempi in cui tutto o quasi tutto ciò che ci circonda tende a cancellare ogni traccia della nostra identità passata.

ATTENZIONE: La notizia è riferita alla data di pubblicazione dell'articolo indicata in alto, sotto il titolo. Le informazioni contenute possono pertanto, nel corso del tempo, subire delle variazioni non riportate in questa pagina, ma in comunicazioni successive o non essere più attuali.

NEWS IMPRESE