Negli ultimi due anni il welfare aziendale è entrato in azienda diventando uno degli elementi che compongono il costo del lavoro. Si può sintetizzare con queste parole l’esordio di Diego Paciello, consulente e commercialista, che ha aperto il convegno sul welfare aziendale nelle Pmi, tenutosi mercoledì 10 maggio nella sede di Confcommercio Vicenza. Obiettivo dell’incontro, quello di fornire ad imprese e addetti ai lavori - che hanno affollato la sala convegni dell’Associazione - una chiave di lettura per capire una materia molto complessa, dove entrano in gioco fisco, lavoro, previdenza, “clima aziendale” ed economia del territorio. Non a caso l’intervento di Paciello si è concentrato su dubbi e criticità, ma anche opportunità, che derivano dall’applicazione della normativa.
A dare una spinta allo sviluppo del welfare aziendale, infatti, sono state le novità introdotte dalla legge di stabilità 2016 e gli aggiornamenti 2017 sui premi di produttività, che hanno permesso anche alle Pmi di usufruire meglio di questo strumento. Il vantaggio è evidente, perché attraverso il welfare si è ridotto a zero, sulle somme erogate ai dipendenti sotto forma di benefits (servizi scolastici, assistenziali, ricreativi), il così detto “cuneo fiscale”, vale a dire la differenza tra quanto il lavoratore percepisce e quanto l’azienda spende.
Un esempio concreto di come questa opportunità possa trasformarsi in uno strumento estremamente utile per le imprese lo ha portato al convegno, introdotto dal direttore di Confcommercio Vicenza Ernesto Boschiero, l’amministratore unico di Towers S.r.l. Michele Barbiere, che ha raccontato l’esperienza di un‘azienda di quasi cento dipendenti attiva nel settore della ristorazione veloce. “Dai noi si lavora sette giorni su sette, anche con un buon impegno fisico e dunque è importante creare il miglior clima aziendale. In questo senso la risposta più semplice – ha continuato Barbiere - sembrerebbe quella di pagare di più il dipendente, ma con l’incidenza del fisco e dei contributi in busta paga alla fine non si ottiene molto. Invece, pensare di pagare noi, al nostro dipendente, la scuola dei figli, il dentista, la palestra si ottiene molto di più: si erogano somme più sostanziose e si rinsalda il rapporto personale. La soluzione, trovata grazie all’assistenza dell’ufficio sindacale di Confcommercio Vicenza, è stata quella di introdurre un regolamento interno di welfare aziendale, una soluzione semplice, veloce e immediatamente operativa”. Una modalità che si affianca a quella prevista dagli accordi sindacali - come quello territoriale siglato da Confcommercio Vicenza e le organizzazioni sindacali nel settembre scorso - che prevede lo stesso abbattimento del cuneo fiscale anche sui premi di produttività erogati sotto forma di welfare.
Tornando all’esperienza di Towers, l’azienda è ai passi iniziali, visto che il regolamento riguarda solo alcune figure dell’azienda e ha una durata di un anno. E’ una sorta di test, “ma stiamo già registrando ottimi riscontri, grazie anche alla facilità di utilizzo della piattaforma TreCuori” afferma Barbiere.
Proprio Alberto Fraticelli, co-founder e direttore generale di TreCuori Spa, ha illustrato il funzionamento di questa soluzione di welfare e marketing sociale che mette in rete associazioni di categoria, aziende, lavoratori, consumatori ed enti no profit. Una piattaforma, “TreCuori” appunto, che è stata adottata dal sistema Confcommercio del Veneto attraverso la stipula di un’apposita partnership operativa.
“Siamo partiti dai limiti che finora avevano a nostro avviso ostacolato lo sviluppo del welfare aziendale nelle Pmi – ha spiegato Fraticelli - e abbiamo cercato di individuare una soluzione che rendesse facile, sia alle imprese che ai lavoratori, usufruire di queste opportunità, con un occhio di riguardo però ad un altro aspetto, quello di trasformare il welfare aziendale anche in un welfare territoriale e sociale”.
Un esempio fa capire meglio il funzionamento della piattaforma: in sostanza, utilizzando “Tre Cuori” l’impresa eroga somme welfare ai propri dipendenti; questi a loro volta accedono con le proprie credenziali alla piattaforma, per spenderle, scegliendo tra un’ampia gamma di negozi ed erogatori di beni e servizi presenti nella stessa piattaforma o indicando essi stessi il proprio fornitore di fiducia (librerie, agenzie viaggi, assistenti per anziani e persone non autosufficienti, baby sitter, asili, scuole, corsi sportivi, ecc.); la spesa in determinati negozi genera, inoltre, un contributo per gli enti no profit scelti dal lavoratore.
“Prima il welfare aziendale era un “cerchio” che racchiudeva solo l’azienda interessata, i dipendenti e gli erogatori di beni e servizi convenzionati – ha spiegato Fraticelli -, noi lo abbiamo allargato al territorio e al sociale, perché i lavoratori possono utilizzare le somme welfare ricevute senza vincoli, facilitando così la spesa nei negozi abituali e vicini a loro, mentre gli erogatori di beni e servizi, se lo vogliono, hanno la possibilità di acquisire maggiore visibilità e di contribuire ad una ricaduta sociale positiva, destinando una piccola commissione ad associazioni no profit”.
Per il mondo del commercio, del turismo e dei servizi il welfare aziendale non è, dunque solo un’opportunità per abbassare il costo del lavoro, ma anche per intercettare nuove disponibilità di spesa da parte dei lavoratori, considerato che proprio il terziario è il principale fornitore di questo tipo beni e servizi. L’opportunità è, dunque, doppia e anche questo input è stato uno dei messaggi più efficaci scaturiti dal convegno.
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