Una proposta di legge che crea solo una gran confusione, rischia di trarre in inganno i consumatori e favorisce la concorrenza sleale a migliaia di imprese della ristorazione del Vicentino e del Veneto. Così Fipe-Confcommercio Vicenza boccia sonoramente, e chiede venga ritirato, il PDL 109 in questi giorni al vaglio della Regione, che contiene una serie di modifiche alla disciplina sugli agriturismi.
“Se passa questa norma si spezza, di fatto, il legame tra quanto coltivato nell’azienda agricola e quando proposto al consumatore che siede al tavolo dell’agriturismo – afferma Emanuele Canetti, presidente dell’Associazione Provinciale Ristoratori di Confcommercio Vicenza-. Paradossalmente potremmo ritrovarci a mangiare le vongole del Polesine in un agriturismo di Asiago o l’asparago di Bibione in un agriturismo di Bassano. Mi devono a questo punto spiegare dove sta la differenza tra queste attività e quelle della ristorazione tradizionale”. L’alzata di scudi dei titolari dei locali vicentini è motivata: gli agriturismi godono di regole e imposte agevolate, proprio perché l’attività di somministrazione è complementare a quella principale agricola. I ristoranti, invece, non hanno benefici di questo tipo e devono sottostare a un’infinità di norme autorizzatorie e sanitarie e incombenze fiscali e contributive. “E’ una questione di equità – incalza il presidente Canetti – chi si rivolge allo stesso mercato dovrebbe essere sottoposto alle stesse regole, altrimenti si legalizza una concorrenza sleale”.
Ed è proprio ciò che potrebbe accadere con le modifiche contenute nell’art. 7 del progetto di legge regionale n. 109 “Legge di stabilità”. La norma abbassa - a determinate condizioni molto facili da rispettare - dal 65 al 50% la soglia di prodotti propri che l’agriturismo può proporre ai clienti. Ciò che è peggio però, è che considera, come provenienti dall’azienda agricola che gestisce l’agriturismo, anche i prodotti acquistati da cooperative agricole a cui l’impresa eventualmente aderisce, ma che non produce direttamente.
Aggiungiamoci poi che potrebbe essere alzata al 35% la quota di prodotti acquistabili da altre aziende agricole o artigiane, purché tipici, tradizionali, o a marchio comunitario, aprendo di fatto le porte delle cucine degli agriturismi ad un vasto elenco di specialità in grado di soddisfare i palati più esigenti: dalle schie di Venezia, alla seppia di Chioggia, al formaggio agordino di malga e così via. “Parliamoci chiaro – spiega Emanuele Canetti – le maglie larghissime di questa norma permetteranno ad un operatore agrituristico “furbo” di mettere tranquillamente in tavola un intero menu fatto con prodotti che non provengono dalla sua azienda. Con buona pace del legame al territorio che queste attività dovrebbero avere. Insomma, questa ipotesi rischia di creare un danno enorme al sistema economico costituito dai ristoranti e dai veri agriturismi e se realizzata, sarebbe una presa in giro dei consumatori”.
Da qui la richiesta alla Regione, formulata dalla Fipe-Confcommercio provinciale e veneta, di ritirare le disposizioni di questo progetto di legge che rischia di snaturare il vero ruolo degli agriturismi, mettendo allo stesso tempo in difficoltà un settore, quello della ristorazione, che rappresenta un asset fondamentale del turismo veneto.
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