Il Veneto regione regina del turismo. I 17 milioni 250 mila 925 arrivi, un milione in più sul 2014, parlano di un settore in buona salute: c’è il seppur timido ritorno degli italiani, con un incoraggiante segnale di ripresa dal crollo avuto dal 2011 in poi, ci sono le previsioni del Ciset, che prevede arrivi in crescita del 3,4% nel 2016. E’ con soddisfazione che guardo ai dati elencati qualche giorno fa dalla Regione Veneto. Due sono le ragioni che mi fanno contento: il risultato delle città d’arte, che cominciano a presentare segnali positivi, e i ‘numeri’ del lago di Garda, che si conferma una perla nel panorama italiano. Sono invece molto scettico sull’attendibilità dei dati che riguardano i B&B e degli altri settori a rischio sommerso. Tra i segnali di cambiamento che colgo, e che sono il risultato di una ‘metamorfosi’ in atto già da qualche anno, la tendenza inarrestabile al declino dell’offerta delle strutture a 1 e 2 stelle, con la sostanziale stabilità dei 3 stelle e l’espansione notevole dei 4 e 5 stelle. Questo conferma il fatto che il turismo del Veneto deve puntare sull’alta qualità.
Ma deve anche imparare a dotarsi di una lucida reattività. Perché non è possibile, non lo è proprio, che nell’anno in cui tutta la sponda sud del Mediterraneo (dal Marocco alla Turchia) ha avuto un crollo, non si sia riusciti a cogliere l’occasione del vantaggio, a far leva su questo mettendo a frutto al contempo le potenzialità di cui disponiamo. Abbiamo dovuto invece rimarcare, per quanto riguarda il mare, un -0,2% totale di presenze composto da +1,8% di italiani e -1,2% di stranieri . Tutto questo in un anno in cui Sud Italia, Spagna e Croazia hanno marcato incrementi a cifra doppia: è il segnale preoccupante di una nostra incapacità di intercettare i nuovi flussi. Altra preoccupazione per quanto riguarda le terme è ‘quel’ -1,5% di stranieri, sia pur mitigato da un gagliardo +3,4% di italiani, che porta la media a +1,2%. Consideriamo comunque quest’ultimo un segnale incoraggiante, ma non sufficiente.
Il rammarico sta dentro alcuni dei numeri di questo report targato 2015. Se pensiamo che fra il mare, dove dal 2010 al 2015 sono state perse 1 milione e 200mila presenze (pari alle presenze di un’intera provincia come quella di Rovigo) e la montagna, che, sia pur in un’inversione di tendenza, ne ha perse 1 milione e 100mila (un’enormità!), abbiamo ampi spunti di riflessione. D’accordo: il quadro è complessivamente positivo, per molti versi da record. Ma se guardiamo a queste ultime due voci, che sono tutt’altro che insignificanti nel panorama turistico della nostra regione, ci rendiamo conto di trovarci di fronte a un mare e a una montagna di presenze perse. L’invito, di fronte a questi risultati, è quello di sederci tutti attorno a un tavolo e fare un’analisi profonda su ciò che è, o meglio non è accaduto.
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