L'Agenzia delle Entrate, in risposta ad un'istanza di Federalberghi, ha fornito importanti chiarimenti sulla correttezza delle procedure fiscali poste in essere da alcuni portali di prenotazione che hanno sede in altri Paesi Ue, in relazione all'alloggio in strutture ricettive non gestite in forma imprenditoriale o in immobili privati per brevi periodi. Nel mese di maggio, Federalberghi aveva segnalato che detti portali emettono fatture senza Iva italiana, applicando il meccanismo del cosiddetto "reverse charge" anche nei casi in cui la struttura ricettiva è priva di partita Iva. La conseguenza è l'evasione totale dell'imposta, che non viene pagata né dal portale né dalla struttura.
L'Agenzia delle Entrate ha dunque chiarito che l'Iva sulle commissioni pagate ai portali che operano in altri Paesi Ue è sempre dovuta. Se la struttura ricettiva ha la partita Iva, essa si dovrà fare carico del versamento in regime di inversione contabile. Se la struttura non ha partita Iva, dovrà essere invece il portale ad identificarsi in Italia e ad emettere fattura con Iva italiana. Il pronunciamento è importante, dice la Federazione, perché "sancisce parità di condizioni tra soggetti che operano nello stesso mercato, accendendo i riflettori su uno dei tanti sistemi che i furbetti dell'appartamentino utilizzano per svolgere attività commerciali in piena regola nascondendosi dietro il paravento della sharing economy". La dimensione del mancato gettito, che dovrà costituire oggetto di specifici accertamenti, potrebbe assumere dimensioni colossali. Basti pensare che il più noto di tali portali pubblica 112.264 strutture ricettive italiane, di cui 40.047 appartamenti. Al versamento dell'imposta si associano cospicue sanzioni, che possono variare tra il 90% ed il 180% dell'imposta stessa.
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