Il tema degli obblighi del ristoratore di informare il consumatore della presenza, negli alimenti somministrati di sostanze che possono provocare allergie o intolleranze è sempre attuale, non solo per dover adempiere alla specifica normativa, ma perché la sicurezza e la tutela della salute del consumatore devono sempre essere messe al centro delle priorità del settore. I recenti fatti di cronaca accaduti in un agriturismo a Pisa, richiamano infatti ancor più attenzione sul tema. Oltretutto, a seguito della drammatica vicenda, è in corso un notevole incremento delle ispezioni da parte delle autorità specificatamente preposte ai controlli.
Ricordiamo che il decreto con le disposizioni, le applicazioni e le sanzioni relative all’etichettatura degli alimenti, con particolare riferimento agli allergeni è entrato in vigore il 9 maggio 2018.
Le disposizioni di maggior interesse per le imprese riguardano:
Con l’obiettivo di consentire un agevole assolvimento degli adempimenti previsti dalla normativa sugli allergeni, si ricorda che l’Associazione mette a disposizione dei propria associati una collaudata piattaforma. Per informazione su modalità e costi del servizio contattare gli uffici Confcommercio.
Inoltre, la FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi – Confcommercio ha emesso una circolare a breve distanza dalla pubblicazione del decreto che aiuta a districarsi nella norma e a mettersi in regola. Di seguito riportiamo il testo integrale.
“Si è concluso l’iter procedimentale di approvazione e pubblicazione del D.Lgs n. 231/2017 recante la disciplina applicativa e sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo Regolamento e alla Direttiva 2011/91/Ue.
Giova ricordare che dopo l’entrata in vigore del Regolamento UE citato, avvenuta il 13 dicembre 2014, la gestazione delle disposizioni applicative è stata lunga e complessa ed ha visto il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali (Ministeri dello Sviluppo Economico, della Salute e delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) nonché delle associazioni di categoria interessate, tra cui Fipe.
Stante le poche modifiche subite dal testo definitivo del Decreto Legislativo rispetto allo schema della normativa illustrato nella circolare n. 72/2017, si ritiene opportuno riportare in questa sede solo le disposizioni di specifico interesse per la categoria, in particolare l’art. 19, che detta le disposizioni relative alla vendita di prodotti non preimballati e l’art. 23 che prevede le relative sanzioni, nonché altre disposizioni più generali di cui si dirà più oltre (allegato 2).
In data 8 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. n. 231/2017 recante le disposizioni applicative e le sanzioni relative al Reg. UE n. 1169/2011 in materia di etichettatura degli alimenti. Il suddetto atto normativo entrerà in vigore il 9 maggio 2018. Le disposizioni di maggior interesse per le imprese rappresentate riguardano:
L’art. 19 è stato lungamente oggetto di discussione tra gli uffici della Federazione e quelli del Mise delegati alla stesura del testo. Tale articolo disciplina tutte le categorie di alimenti non preimballati, vale a dire:
Si rammenta che per collettività si intende qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale (cfr. art. 2, comma 2, lett. d) del Reg. UE 1169/2011).
In particolare, il comma 8 dell’art. 19 ha introdotto le disposizioni applicative del nuovo obbligo informativo che sono tenute a rispettare le collettività e riguardante l’indicazione della presenza nei piatti proposti degli allergeni individuati nell’elenco di cui all’Allegato 2 del Reg. (Ue) 1169/2011 (allegato 2).
L’avviso della presenza di allergeni deve essere fornita in modo che sia riconducibile a ciascun alimento prima che lo stesso sia servito al consumatore finale. Tale indicazione deve essere apposta:
Inoltre, si ribadisce l’importanza per le collettività - che si trovano ad essere l’ultimo anello della filiera prima del consumatore - di ricevere dai propri fornitori informazioni precise, complete e corrette dei prodotti oggetto di somministrazione al fine di poter a loro volta informare correttamente i loro clienti (cfr. comma 2 e 7 dell’art. 19).
Risulta altresì di particolare interesse, la disposizione di cui comma 9 dell’art. 19 che impone l’inserimento dell’indicazione di “decongelato” anche per i prodotti somministrati, salvo i casi di deroga specificamente individuati nell’Allegato 6 del Regolamento Ue n. 1169/2011.
In sostanza tale obbligo sussiste quando la sua omissione potrebbe indurre in errore l’acquirente, mentre non si applica:
Pertanto, tra i casi di esenzione dovrebbero rientrare i prodotti serviti dalle collettività, poiché molto spesso i prodotti decongelati sono ingredienti di un prodotto finale (es. vongole negli spaghetti) ed i cibi serviti al ristorante non sono suscettibili di successive utilizzazioni da parte del consumatore. La Federazione ha particolarmente apprezzato l’inserimento di questa disposizione che ha richiesto espressamente al Mise e che va nella direzione auspicata di ritenere necessaria l’indicazione di decongelato esclusivamente quando la sua mancanza rischia di mettere in pericolo la salute dei consumatori.
Tuttavia, occorre fare attenzione, in quanto un consolidato orientamento della giurisprudenza penale ha più volte ribadito che l’omessa indicazione di prodotto congelato è suscettibile di rientrare nel reato di frode in commercio. Allo stato, dunque, sussiste una differente valutazione della medesima fattispecie sul piano della sanzione penale e di quella amministrativa. Infatti, nonostante le summenzionate deroghe recepite dal D. Lgs n. 231/2017, non si può nascondere che l’omessa indicazione di prodotto congelato può ancora andare incontro a sanzioni penali, criticità che la Federazione intende affrontare e superare promuovendo tutte azioni necessarie.
Infine, ai commi 4, 5 e 6 dell’art. 19 vengono confermate le disposizioni già in essere con il vecchio art. 16 relativamente all’indicazione delle informazioni per le bevande vendute mediante spillatura, l’acqua trattata ed i prodotti dolciari preconfezionati ma destinati ad essere venduti a pezzo o alla rinfusa. Nel caso in cui non siano rispettati gli obblighi informativi sui prodotti non preimballati, saranno applicate le sanzioni previste dall’art. 23, e segnatamente:
Le sanzioni per l’omessa indicazione degli allergeni risultano le più alte anche se giova precisare che l’art. 27 prevede che per le microimprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/Ce (meno di 10 occupati e fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro) la sanzione amministrativa sia ridotta fino ad un terzo.
Inoltre è prevista l’irrogazione della sanzione in misura ridotta (doppio del minimo o un terzo del massimo) e se il pagamento della stessa è effettuato entro cinque giorni dalla notificazione, vi potrà essere l’ulteriore riduzione del 30% sull’importo.
Il comma 2 dell’art. 27 prevede poi per queste violazioni l’istituto della la c.d. diffida (art. 1, comma 3 D.L. 91/2014) consistente nella possibilità, in caso di violazioni sanabili, che l’organo di controllo - che per la prima volta accerta la violazione - diffidi l’interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di venti giorni e procedendo alla contestazione formale solo in caso di mancata ottemperanza.
Si ricorda inoltre che l’Autorità competente per l’irrogazione delle sanzioni descritte è il Dipartimento dell’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf (art. 26).”
Come sempre, gli uffici rimangono a disposizione per eventuali chiarimenti.
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