In città e in provincia, come sta avvenendo in tutta Italia, sulle vetrine di molti bar, ristoranti, pizzerie, ma anche di alimentaristi, compare la locandina con il messaggio “I buoni pasto potrebbero non essere più buoni”. E’ il modo con cui tanti titolari di attività mettono in guardia lavoratori e dipendenti pubblici, che ricevono ticket restaurant dai loro datori di lavoro, sul fatto che presto potrebbero vedersi rifiutare i buoni. Infatti, stante la situazione del mercato, per un buono pasto da 10 euro loro incassano dall’azienda emettitrice non più di 7 euro e il problema si aggrava di anno in anno. Il sistema al quale si fa riferimento è quello riassunto in una circolare inviata da Confcommercio Vicenza a tutti i titolari di pubblici esercizi della provincia.
“Nella sostanza – spiega Gianluca Baratto, presidente provinciale della FIPE (Federazione Italiana Pubblici esercizi) Confcommercio -, abbiamo fatto il punto sulle criticità riscontrate nella gestione dei buoni pasto, che stanno raggiungendo limiti inaccettabili. Mediamente il deprezzamento del buono è quantificabile intorno al 30% del valore nominale, poiché il sistema scarica sugli esercenti gli effetti finali delle gare al massimo ribasso, in particolare riguardanti la Consip. Oltre a questo vanno aggiunti i costi in capo agli esercenti relativi al noleggio dei Pos e ad altri servizi opzionali di gestione dei buoni. Questo per dire che: o si giunge presto a una riforma sostanziale del sistema che interrompa questo situazione penalizzante per gli operatori della ristorazione – conclude il presidente della FIPE provinciale – o diventerà sempre più alto il rischio per i lavoratori di vedersi rifiutato il buono pasto”.
Nella provincia di Vicenza, è la maggioranza dei quasi 4mila i pubblici esercizi che riscuote i buoni pasto; a questi vanno aggiunti quei negozi e supermercati che accettano i ticket come pagamento della spesa di generi alimentari fatta dal cliente. La protesta contro il sistema vigente dei buoni pasto è partita in questi giorni dalle sei associazioni di categoria rappresentative delle imprese della ristorazione e della distribuzione, tra cui FIPE e FIDA (Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione) che, per la prima volta, si sono riunite in un unico tavolo. L’intento è stato quello di denunciare le distorsioni connesse all’attuale gestione e chiedere alle Istituzioni un intervento urgente di riforma del sistema. In Italia, il valore dei buoni pasto è di oltre 3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo condizionato dalle gare aggiudicate dalla Consip e coinvolge circa 2,8 milioni di lavoratori. In particolare, si è puntato il dito contro l’insostenibile livello raggiunto dagli sconti applicati nelle gare pubbliche (nella Gara Consip 8 hanno raggiunto un livello medio vicino al 20%); sull’aggravio dei costi di gestione del buono pasto elettronico per la mancanza di un sistema di codifica unica (e quindi di un unico POS) e sui ritardi nei pagamenti, che comportano un ulteriore aggravio di costi a carico degli esercenti stimato intorno al 2%. Per dar fronte alla gravità della situazione, che ha in sé il concreto rischio di ulteriori aumenti degli sconti, le Associazioni hanno quindi inoltrato una lettera congiunta al Ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli e alla Ministra del Lavoro Catalfo, affinché assumano ogni iniziativa necessaria a correggere le anomalie che caratterizzano l’attuale mercato dei buoni pasto, sottolineando che il principio ispiratore della riforma deve essere quello del mantenimento del valore nominale del ticket restaurant lungo tutta la filiera. Inoltre, hanno promosso un’azione giudiziale contro la Consip, diretta ad accertare la responsabilità in merito alla scarsa vigilanza stessa sulla società emettitrice di buoni pasto Qui!
Group S.p.a., il cui crack da oltre 325 milioni, verificatosi nel settembre 2018, ha messo in ginocchio molti esercenti. Infine, come detto, continua la distribuzione delle locandine da esporre nei locali di tutta Italia, per sensibilizzare la clientela sulla questione e non è da escludere che, se non si troveranno soluzioni adeguate, potrebbe arrivare presto il blocco dell’intero sistema dei buoni pasto.
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