Continua a tenere banco, in questi giorni, la modifica della legge quadro regionale 28/2012 che regolamenta le attività turistiche connesse al settore primario, e in particolare le norme relative agli agriturismi. Sul tema interviene Fipe Veneto con il presidente regionale Paolo Artelio, dopo che la sesta commissione consiliare ha terminato il suo lavoro proponendo tre importanti modifiche: un tetto massimo al numero di posti letto attivabili in un agriturismo; il riconoscimento per le aziende che propongono enoturismo e oleoturismo; la possibilità per gli agriturismi stessi di preparare pasti per asporto e di partecipare a manifestazioni esterne, sagre e fiere che non hanno alcun legame col territorio.
“Fipe Veneto – scrive la Federazione in una nota - esprime la propria netta contrarietà all’orientamento che si va assumendo, confermando in toto le gravi criticità già rilevate, nei giorni scorsi, da Confturismo. La palla ora è in mano alla terza commissione consiliare, dove, auspicabilmente, dovrà essere affrontato anche il tema della percentuale massima di prodotti tipici e a “chilometro zero” che potranno essere somministrati al pubblico”.
In particolare, in merito alla possibilità di aumentare, in sede di preparazione dei pasti, la quota di prodotto non aziendale – non realizzata, cioè, direttamente dall’azienda agricola –, il presidente regionale di Fipe Paolo Artelio è preoccupato: “Una parte di materie prime acquistate sul libero mercato, che già oggi arriva al 35% del totale, potrebbe venir alzata ulteriormente, per arrivare al 50%. Ma non solo. Si ipotizza che mentre per il 50% di prodotto si debba utilizzare materia prima aziendale, per la restante metà si potrebbero acquistare prodotti dalla grande distribuzione e da aziende artigianali ubicate in Regione. Questo non può andare bene. Oltre a utilizzare metà materie prime non proprie – sottolinea Artelio – in questo modo si aprirebbe alla possibilità di rifornirsi, per l’altro 50%, da aziende artigianali venete, ma senza specificare che il prodotto debba essere veneto. Faccio un esempio concreto di quale potrebbe essere il risultato: è come dire che l’agriturismo del Cadore potrà acquistare dall’artigiano di Rovigo i salumi di un'altra regione italiana, fatti con carne straniera! Va da sé che verrebbe meno la reale mission degli agriturismi”.
Secondo l’associazione dei pubblici esercizi del Veneto, occorre allinearsi ad altre regioni quali Toscana, Emilia Romagna e Lombardia, dov’è espressamente previsto che il prodotto, e non solo l’azienda fornitrice, debba essere di origine o di tradizione regionale.
“Siamo a favore – prosegue Artelio – dell’obbligo di indicazione nel menù dell’origine delle materie prime utilizzate, come necessaria e corretta trasparenza nei confronti dei consumatori, informazione di cui in molte aziende agrituristiche non c’è traccia. Diversamente si spianerebbe la strada alla proliferazione dei cosiddetti “falsi agriturismi”, attività commerciali a tutti gli effetti, assimilabili ai tradizionali ristoranti e trattorie, che tuttavia beneficiano di importanti vantaggi fiscali. Andrebbe in questa direzione anche la possibilità di svolgere attività di vendita per asporto e consegna a domicilio dei propri prodotti, che sono servizi che con l’agricoltura non hanno nulla a che vedere. Anche la partecipazione a manifestazioni esterne, sagre e fiere non tipicamente legati al territorio, comporterebbe confusione e sovrapposizione dell’attività ristorativa dell’agriturismo a quella del pubblico esercizio. Serve maggior chiarezza e rispetto dei ruoli”.
Ultimo, ma non meno importante aspetto evidenziato da Fipe Veneto, è il tema dei controlli, finora decisamente insufficienti: “Auspichiamo – conclude il presidente Artelio – che venga individuato un Ente deputato ai controlli, dotato di risorse umane dedicate, che tuteli il consumatore affinché quanto gli viene proposto in menù sia effettivamente un prodotto regionale a tutti gli effetti e non un “fac-simile” di origine sconosciuta. Soltanto così, le aziende agrituristiche si potranno configurare come attività complementari alle aziende agricole, espressione di vera offerta turistica di stampo rurale e non “brutte copie” concorrenti sleali di ristoranti e trattorie”.
ATTENZIONE: La notizia è riferita alla data di pubblicazione dell'articolo indicata in alto, sotto il titolo. Le informazioni contenute possono pertanto, nel corso del tempo, subire delle variazioni non riportate in questa pagina, ma in comunicazioni successive o non essere più attuali.