Ottobre, è tempo di bilanci sulle località turistiche del Veneto. Un’estate iniziata in ritardo, vissuta all’ombra del coronavirus, i cui effetti si sono abbattuti sulle presenze e sui fatturati delle strutture turistiche di tutta la regione con cali impressionanti e la chiusura definitiva di alcune attività.
Se guardiamo al mese di settembre, l’unico segno positivo riguarda Jesolo, con un +7,7% dei fatturati negli hotel rispetto allo stesso mese del 2019. Un dato che comunque non pareggia i conti: il calo medio dei fatturati da gennaio a fine settembre, lungo tutto il litorale, si assesta attorno al 50%.
Non va meglio la montagna, con un calo complessivo di oltre il 60%, mentre il lago di Garda arriva a oltre -55%. Ma a soffrire di più sono le città d’arte, con fatturati a picco, sempre da gennaio a settembre, e diverse strutture costrette alla chiusura temporanea o permanente. Nei capoluoghi storici del Veneto il dato medio dei fatturati si avvicina al -75% rispetto ai primi 9 mesi del 2019, con punte del 90% in alcune città.
Sono i dati che emergono dal check di Federalberghi Veneto, il terzo di questa stagione sui numeri della piattaforma H-Benchmark e sulle valutazioni dei presidenti territoriali di Federalberghi Veneto, che conferma lo stato di forte sofferenza del settore ricettivo. Le misure adottate fin qui, come i bonus vacanza e i provvedimenti a sostegno dei lavoratori, hanno solo tamponato la situazione senza sortire gli effetti sperati.
“Servono aiuti a fondo perduto”, è l’appello del presidente di Federalberghi Veneto Marco Michielli. “In caso contrario, saranno molte le aziende a saltare, e con queste i posti di lavoro - avverte il presidente di Federalberghi Veneto - Basti pensare che un hotel di 100 camere ha circa 40-45 dipendenti che, in assenza di interventi specifici, rischiano il licenziamento. Andrebbe prorogata, a questo proposito, la cassa integrazione in deroga, almeno fino a marzo, se non fino a ottobre del prossimo anno”.
“Partiamo da una stagione nera, che ha impattato più debolmente solo sulle spiagge, e la prospettiva è meno incoraggiante di quel che auspicavamo. Vedevamo in settembre e ottobre una possibile ripresa del turismo straniero, il ‘grande assente’, ma l’aumento dei casi di coronavirus nei Paesi europei sta inchiodando il mercato. Il turismo interno ha compensato solo in parte, ma non è bastato. La ripresa per ora non si vede”, dice Michielli.
“Il rischio che molti alberghi chiudano è concreto, con la prospettiva di eventuali future acquisizioni quello di dover consegnare le nostre strutture in mani non proprio di specchiata ‘professionalità’”, conclude il presidente di Federalberghi Veneto.
Vediamo da vicino l’analisi per le varie aree prese in considerazione dal check di federalberghi Veneto.
Vicenza
Nella città del Palladio il calo dei fatturati delle strutture alberghiere è fra il 70 e l’80%. “L’estate non è andata bene – afferma il presidente degli albergatori Oscar Zago - L’occupazione delle camere segue un ritmo intermittente, che va dal lunedì al giovedì, quando va bene, e per il resto è il vuoto. È cambiata la tipologia di clientela nel settore ‘commerciale’: niente più le giacche e cravatte dei manager, mentre arrivano i ‘giubbini gialli’ delle maestranze. Il grande incubo per le imprese ricettive è l’impossibilità di programmare: le prenotazioni sono sempre più last minute e sta avanzando il timore assumere personale per la paura di non poter contare, in un’eventuale situazione di difficoltà, sugli ammortizzatori sociali. Per ora gli hotel sono quasi tutti aperti, ma c’è già chi si sta organizzando per lavorare 4 giorni su 7 (chiudendo nel weekend)”.
Venezia
“Se partiamo dal mese di luglio, quando gli hotel hanno potuto aprire, allora siamo a fatturati sotto del 50% rispetto agli stessi 3 mesi del 2019; se invece includiamo maggio e giugno, la perdita sale al 70%, con un settembre addirittura in calo rispetto al mese di agosto - dichiara il direttore dell’Associazione Veneziana Albergatori Claudio Scarpa - Settembre e ottobre storicamente restituiscono grandi numeri a Venezia, con camere occupate al 100%, ma al momento la percentuale, sia in termini di occupazione che di fatturato, è dimezzata e la prospettiva è tutt’altro che rosea”.
Verona
I mesi di agosto e settembre, sui quali Verona contava, sono fortemente depressi. “Siamo a cali di fatturato medi tra il 60 e il 75% rispetto al 2019 – spiega il presidente degli albergatori di Verona Giulio Cavara – Siamo molto preoccupati per i mesi a venire, con le notizie che stanno arrivando soprattutto dall’estero. Temo che molte strutture dovranno chiudere; altre, anche centralissime, da giugno non hanno ancora riaperto. Quelli che resistono lo fanno per non perdere l’attività e salvare i posti di lavoro, nella speranza che le cose migliorino. C’è bisogno di ‘sostanze’ a fondo perduto, in modo proporzionale alla perdita di fatturati, o, senza tanti giri di parole, sarà la fine”.
Treviso
“Sicuramente ci ricorderemo di quest’annata, e non sarà un bel ricordo - esordisce il presidente del Gruppo albergatori di Treviso e provincia Giovanni Cher – Le zone verdi della pedemontana sono le uniche ad essere andate bene, così e così negli alberghi della città d’arte, male nella zona a sud di Treviso. A settembre gli hotel hanno provato un po’ tutti a riaprire (oltre l’80%), il problema è che il mercato non accenna a decollare. Il ‘commerciale’ ha ospitato soprattutto tecnici e operai, mentre è mancato tutto il ‘business’ dei manager. I voli stanno calando, i contagi aumentano, le previsioni per ottobre sono funeree. Insomma un disastro, che si traduce, per tutta la stagione, in un calo di fatturati fra il 70 e l’80%”.
Dolomiti bellunesi
“Nelle Dolomiti bellunesi, fino ai primi 20 giorni, il mese di settembre è andato bene, complice il bel tempo - spiega il presidente di Federalberghi Belluno Walter De Cassan – Ma di certo non ha risollevato le sorti della stagione, anche perché alcuni alberghi già il 6, massimo il 13 di settembre, aveva chiuso i battenti. Da inizio stagione abbiamo risentito del calo drastico, se non dell’assenza, dei turisti stranieri, un problema che si ripresenterà in inverno”.
Cortina
“Il mese di giugno è partito molto lentamente, con pochi alberghi attivi - spiega la presidente degli albergatori di Cortina Roberta Alverà – Nella prima settimana di luglio il 90% delle strutture ha aperto, fino alla fine di agosto, quando molti hanno cominciato a chiudere nuovamente, in anticipo, compresi quelli di piccole dimensioni, che invece solitamente interrompono l’attività i primi di settembre. L’ultimo scampolo di ottobre si consumerà con una decina di hotel aperti. Da inizio stagione il calo del fatturato è stato in media di circa il 38%, ma ci sono hotel a 5 stelle che sono arrivati a -60% sullo stesso periodo del 2019”.
Lago di Garda
Al Lago di Garda, versante veneto, la stagione turistica 2020 è iniziata molto tardi e sotto auspicio incerto. La maggior parte delle strutture ricettive ha aperto nella seconda metà di giugno. La totale perdita del periodo pasquale, dei ponti del 25 aprile e primo maggio e la profonda incertezza sulla programmazione si sono fatti sentire pesantemente costringendo gli operatori a ridurre drasticamente il personale. Il mese di giugno ha registrato una flessione negativa del 70% rispetto alle prenotazioni di giugno 2019 e la prima metà di luglio una flessione del 55%.
Fortunatamente a partire dalla seconda metà di luglio si è assistito ad una significativa ripresa con una occupazione delle stanze che verso la fine del mese è arrivata a superare il 65% grazie al ritorno degli affezionati ospiti stranieri (tedeschi, austriaci e svizzeri).
Agosto ha registrato numeri insperati che hanno permesso di tenere aperte le strutture, reinserire parte dei collaboratori e guardare al futuro con una certa fiducia anche se il risultato mensile non si può considerare sufficiente a compensare le gravi perdite subite nei tre mesi di lockdown. Il mese di settembre con una occupazione che si aggira attorno al 60%, nonostante le avverse condizioni meteo di inizio mese, ha soddisfatto le aspettative.
“Per il Lago la stagione turistica è agli sgoccioli, la maggior parte delle strutture ricettive si avvia alla chiusura ed è quindi il momento di fare il bilancio di una delle stagioni più sofferte in assoluto - dichiara il presidente di Federalberghi Garda Veneto Ivan De Beni - In generale è andata meglio di quanto si potesse immaginare a inizio stagione anche se valutiamo una perdita di fatturato del 70-80% rispetto al 2019. Il flusso turistico infatti è stato molto altalenante e, soprattutto nei mesi di giugno e luglio, ha raggiunto livelli significativi solo durante il fine settimana. Auspichiamo aiuti concreti da parte del governo per sopravvivere il prossimo inverno augurandoci di poter iniziare la stagione 2021 alla giusta e classica data di Pasqua e affrontare una stagione che le statistiche stimano con un calo del 20% sul 2019. Restiamo infatti consapevoli che la crisi non è affatto risolta e che rivedremo i flussi del 2019 forse solo nella stagione del 2022”.
Terme di Abano e Montegrotto
Situazione drammatica anche ad Abano e Montegrotto, dove il presidente di Federalberghi Terme Emanuele Boaretto traccia le tappe dell’estate 2020. “Una stagione decisamente complicata - dice - tanto che la quasi totalità delle nostre strutture ha preferito attendere i mesi più caldi per aprire i battenti. Se, dunque, marzo, aprile,maggio hanno registrato per tutto il territorio un -100% di presenze e fatturato, si è timidamente iniziato a lavorare a giugno o a luglio, mesi in cui ci si è attestati intorno al 20-30% di presenze turistiche rispetto agli anni scorsi”.
“Agosto ha ridato un po’ di fiducia ai turisti e una boccata d’ossigeno agli imprenditori, raggiungendo circa l’60-65% del fatturato, seppur privato delle prenotazioni dall’estero.
Ovviamente con la riapertura delle scuole e la fine delle vacanze, le cifre sono tornate ad abbassarsi, tant’è che settembre è rientrato nel 40-60% del fatturato rispetto agli anni scorsi - prosegue Boaretto - Si tratta di una situazione senza precedenti, in cui l’autunno, la stagione per eccellenza delle cure fangoterapiche, vede interi gruppi stranieri affezionati disdire le loro prenotazioni, mentre gli italiani con i grossi gruppi organizzati da Comuni sono altrettanto rallentati o cancellati. Se in estate abbiamo fatturato meno della metà degli anni scorsi, il fine anno ci sta preparando al peggio.”
Bibione
Dopo un giugno disastroso e un luglio insoddisfacente, negli alberghi balneari di Bibione il mese di agosto ha concesso un po’ di ossigeno e settembre ha riservato piacevoli sorprese grazie alla clemenza del meteo. “È stata una stagione molto pesante - ammette il presidente dell’Associazione Bibionese Albergatori Silvio Scolaro – I cali di fatturato ci sono stati quasi ovunque, distribuiti in modo disomogeneo. Gli alberghi a 3 stelle sono stati facilitati dalla presenza di un target non troppo agiato, mentre i 4 stelle hanno sofferto di più. Registriamo una perdita media di fatturati intorno al 50%. Abbiamo avuto più italiani rispetto al 2019, ma un crollo dei tedeschi. Sono completamente scomparsi i turisti dell’Est, che facevano numeri importanti, dagli Ungheresi ai Polacchi, dagli slovacchi ai viaggiatori provenienti dalla Repubblica Ceca. C’è stato invece un aumento degli svizzeri. Il finale è stato in crescendo, sperando che sia un buon viatico per l’anno prossimo”.
Jesolo
Il colpo di reni di fine estate nel litorale veneto è una magra consolazione, che non basta a salvare l’annus horribilis del turismo. “Avevamo previsto un calo dei fatturati del 50%, poi il calo medio è stato del 45%, con punte del 60% in alcune delle 360 strutture alberghiere esistenti a Jesolo - spiega il presidente dell’Associazione Jesolana Albergatori Alberto Maschio, anche coordinatore delle Spiagge venete - Il ritardo nelle aperture ha penalizzato molti facendo crollare i fatturati. Ma il peggio comincia adesso, a stagione conclusa: abbiamo il problema degli affitti perché le aziende non possono più contare su quel serbatoio che negli anni passati serviva a far fronte alle spese di locazione e ad avviare la stagione successiva. Insomma qualche collega faticherà a svernare. A pagare il conto più salato saranno proprio gli hotel rispetto alle strutture extralberghiere”.
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