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STOP AI BUONI PASTO PER 24 ORE

Il 15 giugno le organizzazioni di categoria hanno deciso e coordinato uno stop all’accettazione dei ticket. Baratto (Fipe-Confcommercio): “Per garantire il servizio bisogna renderlo economicamente sostenibile”

giovedì 09 giugno 2022
STOP AI BUONI PASTO PER 24 ORE STOP AI BUONI PASTO PER 24 ORE

Per tutta la giornata di mercoledì 15 giugno è stato deciso e coordinato a livello nazionale, dalla Fipe- Confcommercio, l’associazione dei pubblici esercizi, da Fida-Confcommercio, che rappresenta le attività alimentari al dettaglio, e dalle organizzazioni che rappresentano le attività della distribuzione commerciale, lo stop dell’accettazione dei buoni pasto. Facilmente, quindi, il lavoratore che usualmente spende il suo ticket al bar o la ristorante, ma anche presso negozi, supermercati o ipermercati, potrà vedersi rifiutato il pagamento tramite il buono. La protesta va a sostenere l’urgente richiesta fatta alle Istituzioni di giungere a una riforma strutturale dell’attuale sistema dei buoni pasto, che non salvaguarda il valore nominale del buono e innesca costi non più sopportabili per gli esercenti.    

La Fipe – Confcommercio, l’associazione nazionale pubblici esercizi sottolinea come l’iniziativa serva per “far arrivare alle Istituzioni un appello troppe volte ignorato” e come, per via di commissioni al 20% a carico degli esercenti, “il modello di gestione dei buoni pasto non sia più economicamente sostenibile”. La conferma giunge da Gianluca Baratto, presidente provinciale Fipe-Confcommercio Vicenza: “Per rendere meglio l’idea si consideri che per un buono dal valore nominale di 8 euro, il gestore di un esercizio convenzionato ne incassa 6,66 euro e naturalmente il rimborso avviene ben dopo l’erogazione del servizio al lavoratore che ha speso il buono – spiega Baratto -. A ragione - aggiunge - si può parlare di una vera e propria tassa occulta, tutta a carico del comparto dei bar, ristoranti, pizzerie, esercizi al dettaglio e GDO. Ma questo sistema non è più sostenibile, soprattutto nell’attuale contesto storico ed economico dove la spinta inflazionistica sui costi delle materie prime e dell’energia risucchia i margini di guadagno delle imprese. Le Istituzioni devono quindi capire che è più che mai improcrastinabile l’urgenza di modificare l’attuale modello di gara, eliminando questo improprio, ingiusto balzello”.

L’ “imposta occulta”, secondo l’attuale sistema, è generata dall’effetto di scaricare sugli esercizi convenzionati “lo sconto” fatto dalla società emettitrice dei buoni pasto al committente. Infatti, il datore di lavoro acquista dalla società emettitrice i ticket da dare ai propri lavoratori (in sostituzione del servizio mensa), attraverso un meccanismo che, nelle gare Consip, implica uno sconto sul valore facciale degli stessi. La stessa società emettitrice nel contratto di convenzionamento con la rete degli esercenti (che garantiscono, così, al lavoratore la spendibilità dei buoni) applica una sorta di “sconto incondizionato”, frutto della sua maggiore forza contrattuale. Scatta, infatti, il meccanismo di dipendenza che impone a un esercente l’accettazione dei buoni pasto anche quando non sono economicamente conveniente, una condizione dovuta spesso dalla necessità di non perdere i clienti a seguito del rifiuto di accettare i buoni pasto, o dall’esigenza, soprattutto se si tratta di esercizi ubicati in prossimità di luoghi di lavoro, di garantirsi un’entrata, almeno, a parziale copertura dei costi dell’attività.       

La nostra è una protesta che ha l’obiettivo di salvaguardare la funzione del buono pasto – spiega Il presidente Baratto - perché se si va avanti così sempre meno aziende saranno disposte ad accettarli. Insomma, il buono pasto rischia di diventare davvero inutilizzabile, mentre i lavoratori attualmente usufruiscono di un servizio più che mai utile. Sono solo le distorsioni del sistema, conseguenti alla volontà fare di buoni  pasto un’occasione di “risparmio” per le casse pubbliche, che ne snaturano la funzione, oltre che il valore.  Il prezzo “strappato” nelle gare pubbliche dalla Consip è di fatto quello che fa testo anche per tutti gli altri datori di lavoro. C’è quindi bisogno – conclude Baratto- di una vera riforma che renda il sistema economicamente sostenibile anche per le nostre imprese, che in fin dei conti sono quelle che danno il servizio ai lavoratori. Ma è altrettanto urgente far si che la prossima gara Consip da 1,2 miliardi di euro non venga aggiudicata con gli sconti delle precedenti gare; la protesta di mercoledì 15 giugno serve per dire che: basta! in futuro non saremo noi a pagare questa folle corsa al ribasso”.

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